Cultura

Da Genzano, con Lucio Allegretti, la visione pedagogica della vita e il valore sociale del volontariato sul territorio

cristo rio

di Lucio Allegretti

Non è cosa di tutti i giorni scorgere da un aereo la statua del Cristo Redentore che dalla cima del monte Corcovado domina la baia di Rio de Janeiro. L’idea di edificare un simile monumento risale alla metà del diciannovesimo secolo, ma poté vedere la sua realizzazione solo nel decennio compreso fra gli anni ‘20 e ‘30 del secolo successivo su progetto dello scultore francese Paul Landowski e dell’ingegnere brasiliano Heitor da Silva Costa.

Non starò certo qui a far la storia di questo singolare monumento, peraltro considerato come una delle meraviglie del mondo moderno, quanto piuttosto a prender lo stesso soggetto come spunto di alcune riflessioni. La posa del Cristo in questa scultura mostra le braccia aperte: braccia tese che riproducono esattamente la stessa posizione del Cristo crocifisso.

Il simbolo della Croce diviene qui il simbolo di un abbraccio rivolto a tutta l’umanità: un abbraccio di fronte all’oceano della storia e che non vuole escludere nessuno. È proprio l’idea di questo abbraccio che io personalmente vedo in maniera forse un po’ nascosta, impercettibile direi, ma potentemente presente nel cuore di tutti gli individui di buona volontà che nel loro operare quotidiano, attraverso l’impegno del volontariato e di altre lodevoli simili iniziative, svolgono quell’azione capillare, silenziosa, spesso non priva di fatica, col proponimento di seminare il bene e di lasciare una traccia positiva  e di fiducia nella possibilità di migliorare la società in cui si vive.

Le associazioni ed i gruppi di volontariato presenti sul territorio operano spesso e volentieri silenziosamente, non hanno alcuna velleità di mettersi in mostra e tantomeno di aspirare alla gloria. Il premio è qui lo stesso bene che si è in grado di fare.

Personalmente ho maturato nel tempo la visione di una dimensione pedagogica della vita: ognuno di noi, nel proprio quotidiano, nel proprio piccolo, è chiamato attraverso il lavoro, le esperienze relazionali con il prossimo, il proprio stesso porgersi verso l’altro a dare un contributo a questa missione pedagogica.

Come volontario presso l’Associazione di Promozione Sociale “Centro Arcipelago” che opera sul territorio di Genzano, ho potuto sperimentare il valore di questa dimensione pedagogica. L’associazione con cui collaboro si occupa fra le altre cose della cura di ragazzi che necessitano di un supporto didattico nella propria attività scolastica.

Aiutare un giovane in difficoltà nei propri studi assume una molteplice valenza: evitare il rischio di un disorientamento del ragazzo con conseguente perdita di fiducia in se stesso e rischio di dispersione scolastica; superare il mero obiettivo del recupero delle lacune scolastiche stimolando interesse e curiosità per lo studio, che possa tradursi in ritrovato entusiasmo ed in recupero di autostima. Potrei citare tanti altri punti di valore pedagogico, ma mi arrischierei in un discorso troppo tecnico. Quel che mi preme qui rilevare è invece il ruolo della missione educativa del volontariato e la conseguente ricaduta sociale.

Spesso le iniziative di volontariato, specie quelle rivolte alla cura di persone bisognose (giovani o meno giovani che dir si voglia), sono ignorate dai più. Sarebbe invece auspicabile ed opportuno volgere uno sguardo più attento (parlo almeno a livello locale) sull’operato di chi fa volontariato: ciò non può che rappresentare un arricchimento del territorio nella cura delle relazioni che sono ingrediente fondamentale del tessuto sociale.

Ritornando all’idea con cui ho voluto aprire queste mie considerazioni, mi permetto ancora di invitare il lettore a volgere con l’immaginazione lo sguardo alla figura del Cristo Redentore: è questo il simbolo forte dell’accoglienza, perché redenzione è accoglienza. Non è necessario essere credenti o più strettamente cattolici per prendere almeno in considerazione una simile figura e tutto ciò che potentemente vuole rappresentare; il mio vuole essere un discorso “laico” rivolto a chiunque.

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Il Cristo di Rio

Anche chi in questo momento scrive proviene da un’altra cultura, ma ciò nondimeno non può non riconoscere che il messaggio evangelico di quelle braccia tese vuole essere un abbraccio che non esclude nessuno e che non può offendere la sensibilità di nessuno, sia esso cristiano, ebreo, musulmano, di qualsiasi altra fede o non credente; perché il bene non ha etichette e l’amore per il prossimo non può essere esclusivista, ma non può che includere ed accogliere.

In questo spirito, come volontari, noi operiamo ed anche noi apriamo le nostre braccia nell’auspicio che chiunque possa ripetere lo stesso gesto nei confronti del prossimo con le braccia del proprio cuore e della propria mente, con quelle sole braccia in grado di edificare una vera civiltà degna di questo nome.

(articolo tratto dall’edizione cartacea di Castelli Notizie)

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