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Rocca Priora – L’Associazione Boscocultura si appella alla politica: “Il pascolo selvaggio sta distruggendo i nostri boschi”

danni provocati ai boschi dal pascolo selvaggio

Con una lunga lettera inviata alla Regione Lazio, al Sindaco della Città Metropolitana di Roma, alla Comunità Montana e all’Ente Parco, l’Associazione Boscocultura di Rocca Priora chiede un intervento serio e repentino alle istituzioni per fermare un pastore che, in barba alla legge vigente, persevera a far pascolare abusivamente il suo gregge di capre nel patrimonio boschivo dei Castelli Romani, rischiando di danneggiarlo irreversibilmente.

“Gent.me Autorità,
Siamo un’associazione di proprietari boschivi di grandi e piccole dimensioni, tutti amanti dell’ambiente che la foresta crea e di cui tutti liberamente usufruiscono, mentre noi silenziosamente la curiamo ed utilizziamo come ci hanno insegnato i nostri avi.

Facciamo appello alla Vostra umanità e senso del dovere quali Istituzioni, per esprimere la nostra grande difficoltà nel gestire le proprietà boschive, gli adempimenti richiesti da parte degli Enti preposti sono sempre più complessi e macchinosi e spesso ci costringono a rivolgerci a tecnici in grado di far fronte alle numerose richieste burocratiche.

A fronte di tale incremento di adempimenti burocratici e l’aggravio economico che ne consegue, rimaniamo senza alcuna tutela da parte degli Enti preposti. Ultimo Flagello nei nostri boschi, dopo il cinipide galligeno(insetto alieno che ha devastato i castagneti italiani) sono le capre portate al pascolo da personaggi che nulla hanno da perdere e che sono incuranti della legge che vieta esplicitamente il pascolo da parte di questi animali nei boschi di giovane età (Regolamento forestale della regione Lazio comma I dell’Art. 108 – Pascolo delle capre).

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danni provocati dal pascolo selvaggio di capre


A nulla sono servite le numerose denunce ed esposti presentati ai carabinieri, ad oggi un pastore continua a condurre nei nostri boschi il suo gregge di capre, senza autorizzazione ed incurante della normativa su esposta.

Di tanti corpi di polizia – Carabinieri Forestali, Guardie Provinciali, Guardiaparco, Polizia Municipale, ASL – pronti ad intervenire quando manca una carta o marca per fare operazioni colturali in bosco, come il dirado o il taglio di fine turno, nessuno è stato in grado di intervenire efficacemente contro chi veramente viola la legge e danneggia irrimediabilmente i boschi cedui di castagno dei Castelli Romani.

I proprietari sono gli unici che fanno un’attività economica (anche se povera) e mantengono l’ambiente; essi vengono solo vessati dalle mille regole (spesso inutili), ma quando è il momento di difenderli, non si riesce neanche a far rispettare la legge.

Abbiamo deciso di far arrivare alla politica il nostro grido di dolore, perché dopo esserci presi cura per anni dei nostri boschi, non possiamo permettere che ci vengano impunemente danneggiati.
Come è possibile che non si riesca a fermare una persona con un gregge di capre, mentre a noi che curiamo il bosco al fine di poter raccogliere il legname dopo circa 20 anni (turno di medio di un ceduo castanile) ci viene chiesto di ottenere un numero sempre crescente di autorizzazioni, quali: Nulla Osta all’Ente Parco; Autorizzazione alla Città Metropolitana o al Comune; Autorizzazione Paesaggistica; Autorizzazione alla soprintendenza se c’è il vincolo archeologico; Autorizzazione all’Autorità di Bacino se ci sono rischi di frana anche solo potenziali.
Tra l’altro le ultime due autorizzazioni sono quasi sempre oneri inutili, perché noi il paesaggio lo manteniamo, il taglio del ceduo non crea frane, ma al contrario le previene e, infine, spesso il vincolo archeologico è sulle mappe ma privo di fondamento perché le operazioni nei boschi cedui non prevedono scavi.


Inoltre, se qualche delinquente decide di usare i nostri boschi come discarica al proprietario viene fatta una multa. Se la malavita usa i nostri boschi per le sue prostitute, noi dobbiamo tacere e anche fare i netturbini altrimenti gli danno fuoco. Tutti possono frequentare i nostri boschi, il Parco, il GAL e le Associazioni ad esempio li usano per fare sentieri da percorrere a piedi, in bici, a cavallo, ma ovviamente senza chiederci alcuna autorizzazione o coinvolgendoci minimamente.
Ma se qualcuno si fa male, chi paga? Abbiamo il sospetto che pagherà il proprietario.

Ora è il momento di dire basta: chiediamo un intervento serio delle Istituzioni per quanto sopra esposto, ma soprattutto un’azione URGENTE per il pascolo abusivo delle capre, nei boschi e nei terreni ricoperti dai cespugli questa pratica è vietata dal Regolamento forestale regionale. I tanti corpi di polizia giudiziaria (qualcuno asserisce troppi) possibile che non possano intervenire con strumenti efficaci per impedire questo abuso?

Il danno al patrimonio boschivo può essere enorme: un giovane bosco pascolato dalle capre non ha più valore economico per chi lo coltiva, incentivandone così l’abbandono e innescando il conseguente rischio di incendi e frane.”

Elena Campolongo

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