Politica

Ospedale di Velletri, Righini (FdI) incalza sui reparti chiusi ma Mostarda fa melina e sorvola

Giancarlo Righini Ospedale Velletri

Con la mancata partecipazione dei Sindaci di Velletri e Lariano (la cui presenza era stata espressamente richiesta dal consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giancarlo Righini), si è tenuta in mattinata l’audizione della Commissione regionale Sanità, volta a far luce sui destini dell’Ospedale “Paolo Colombo” di Velletri, segnatamente ai reparti da poco chiusi (Chirurgia Vascolare ed Urologia) e al Punto Nascita del presidio ospedaliero veliterno. Un’assenza che ha fatto rumore, visto che sul piatto dell’assemblea vi era una posta molto importante. A pesare anche la defezione dell’Assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, che ha preferito un altro appuntamento a quello calendarizzato già da tempo.

In collegamento telematico c’era però il Commissario generale della Asl Roma 6, Narciso Mostarda, che ha provato a difendere l’operato sinergico dell’azienda sanitaria a braccetto con quello della Regione, partendo da una difesa d’ufficio della Tac a 16 strati, che ha definito molto performante, quasi fingendo di dimenticare – ma gliel’ha ricordato il suo interlocutore – che nel frattempo gli Ospedali di Colleferro e Frascati sono stati dotati di una TAC a 128 strati e quello di Marino di una a 64.

Un passaggio cruciale, questo, per capire come sia stato trattato l’Ospedale di Velletri, che negli ultimi anni ha visto chiudere, uno dopo l’altro, il Centro trasfusionale, il Laboratorio Analisi, Radiologia Interventistica, Endoscopia, Otorino, Pediatria, Ginecologia, Ostetricia, Urologia e Chirurgia Vascolare.

Nel suo intervento Giancarlo Righini è andato al sodo, rammaricandosi del perché “all’annunciato intervento di consolidamento sismico e di ristrutturazione, non abbia fatto seguito un’inversione di tendenza in tema di servizi ospedalieri e reparti. Nonostante la presentazione di uno studio di prefattibilità degli interventi strutturali, presentati ad inizio giugno al Teatro Artemisio, si è proseguito con l’odiosa pratica di chiusura e spostamento di importanti Unità Operative. Da quel giorno immaginavamo ci fosse un’inversione di tendenza, con la restituzione dei servizi sottratti, invece con rammarico e rabbia costatiamo un ulteriore depauperamento, con sottrazione di altri reparti di eccellenza”.

Righini ha poi ricordato i continui proclami sulla Camera Calda, finanziata e rifinanziata con “importi non adeguati”, e ha evidenziato come il “presidio ospedaliero veliterno sia a servizio anche di molti Comuni che afferiscono alla ASL Roma 5 e a quella di Latina”.

Il costante depotenziamento dell’Ospedale – ha dichiarato Righini – sta generando il peggioramento di quei numeri che vengono poi utilizzati a giustificazione di ulteriori chiusure, sul filone di un continuo depauperamento che rischia di determinare le condizioni per le quali non ci saranno più le condizioni per tenere in piedi l’ospedale”.

Nella sua replica Narciso Mostarda è partito dall’annuncio sull’arrivo di una seconda TAC, visto che Righini aveva definito quella attuale “assolutamente obsoleta e non in grado di svolgere un servizio efficiente in un ospedale la cui vocazione doveva essere quella di polo di eccellenza per la chirurgia”.

“Negli ultimi 18 mesi – ha replicato Mostarda, limitandosi ad aggirare i punti all’ordine del giorno dell’audizione – sono stati investiti circa 900mila euro per l’Ospedale, trasformando l’ex fisioterapia in un’area pre-triage, a contrasto della pandemia. Abbiamo concluso il nuovo centro prelievi e siamo in una situazione di avanzamento rispetto al finanziamento per interventi di adeguamento sismico, tecnologico e funzionale. Nell’Ospedale di Velletri ci saranno solo stanze a due letti”, ha aggiunto Mostarda, che ha evidenziato come “con la determina regionale del 18 giugno, con la quale veniva sancito il riordino della sanità regionale, è stato stabilito che l’Ospedale di Velletri mantenga gli attuali 153 posti letto” (compresi i day hospital; numeri comunque inferiori ad Anzio e Frascati e numeri comunque difficili da mantenere in assenza dei rispettivi reparti, ndr).

Per quanto concerne il Punto Nascita, Mostarda si è rifatto proprio alla mancanza di numeri, ribadendo però che “da settembre 2021 è garantito un servizio h24 con delle ostetriche presenti”. Ben poco rispetto alle promesse dei mesi passati di cui Mostarda stesso si era fatto garante, passando dal sostenere “una riapertura entro la fine dell’estate del 2020” a “una riapertura al temine dell’emergenza pandemica”, di cui Mostarda stesso si era fatto garante.

E’ poi intervenuta la consigliera regionale Marietta Tidei (Italia Viva), che come Righini ha rivolto allo staff dell’Assessore D’Amato “la preghiera di incontrare la delegazione di consiglieri comunali, per confrontarsi con loro su un tema che sta a cuore a tutti”, per poi concludere con la “speranza che questi investimenti annunciati possano presto venire alla luce”.

Piccata la replica di Giancarlo Righini, deluso dall’evanescenza delle parole di Narciso Mostarda: “Dalle risposte emerge che non si ha proprio la percezione di cosa si stia parlando. Ci si riferisce al finanziamento per l’intervento strutturale, ma si dimentica di dire che si è reso necessario dopo la relazione di alcuni strutturisti che hanno certificato l’assoluto rischio di un presidio che si trova in zona sismica. Un finanziamento, quindi, collegato alla necessità di adempiere ad una norma ben precisa, che a seguito dei terremoti del Centro Italia ha sicuramente indotto ad una maggiore attenzione sul tema”.

“Spacciare un ambulatorio per un reparto credo sia offensivo dell’intelligenza collettiva”, ha poi tuonato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia. “Per reparto intendiamo un’unità operativa e non gli ambulatori, finalizzati a far da smistamento per il trasferimento all’Ospedale dei Castelli”.

Quanto al Punto Nascita “una battaglia di campanilismo non giova a nessuno – ha aggiunto Righini -, ma è bene che qualcuno ci spieghi perchè ad altri ospedali, che potevano contare su meno di 470 parti l’anno, la deroga è stata invece accordata. E’ evidente – ha ribadito – che siamo di fronte allo smantellamento scientifico di un Ospedale che è nella storia sanitaria della Regione, secondo un piano di progressivo depauperamento, che non potrà che portare alla sua chiusura”.

“E’ certo – ha aggiunto piuttosto agguerrito – che continuerò a battermi contro tutto questo, perché non si può accettare supinamente qualcosa di illogico, visto che si sta andando ben oltre l’ottica di razionalizzazione delle spese, a discapito della tutela della salute e della crescita sociale del territorio”.

In definitiva mentre Righini ha incalzato sui reparti sottratti all’Ospedale e mai più riaperti, Mostarda si è limitato a far melina, ribadendo implicitamente la subalternità del nosocomio veliterno nell’azienda sanitaria di cui è oggi Commissario e fino a poche settimane fa Direttore Generale.

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