Attualità

Il Natale de na vòta, quando i doni li portava la Befana… nei ricordi di Orlando Bonifazi di Genzano

Per ricevere i regali bisognava aspettare l’Epifania, il giorno in cui secondo la tradizione i Re Magi arrivarono a Betlemme per  omaggiare Gesù Bambino

befana

Negli anni del benessere, i nostri anni, i bambini scrivono la loro lista dei desideri a Babbo Natale, la gente si affretta a comprare regali accalcandosi nei centri commerciali, mentre per il cenone della Vigilia e il pranzo di Natale si imbandiscono tavole ricche di pesce, carne, panettoni, pandori, torroni e chi più ne ha più ne metta, dimenticando troppo spesso che il Natale non è la festa dell’opulenza.

La cultura contadina dei nostri paesi ci ricorda, però, che il Natale non è sempre stato una festa così ricca di cibo e doni: le famiglie erano numerose e d’inverno la terra e gli allevamenti rendevano poco, motivo per cui la Vigilia si festeggiava “di magra” nel senso vero del termine e il 25 dicembre si portava in tavola al massimo un po’ di carne bianca e i dolci fatti in casa. Nell’immaginario dei bambini non esisteva ancora quel Babbo Natale a cui chiedere i regali e per ricevere dei doni bisognava aspettare l’Epifania, il giorno in cui secondo la tradizione i Re Magi arrivarono a Betlemme ad omaggiare il piccolo Gesù Bambino.

Lo ricorda bene Orlando Bonifazi, proprietario dello storico ristorante genzanese La Mia Gioia e membro attivo del gruppo Genzano: storia, tradizioni e dialetto: “Dopo la messa, la Vigilia si mangiava di magra veramente, non c’era certo il pesce di ora, ma si mangiava quello che c’era tutti i giorni, come zuppe, frittate e al massimo si facevano i ravioli ripieni di ricotta sia salati che dolci col cioccolato”.
Il 25 dicembre la famiglia si riuniva ed “era una festa come la domenica, quando si mangiava un po’ di più perché c’era magari la carne di pollo o di gallina” e, in assenza dei panettoni e dei pandori, “il giorno di Natale si mangiavano i dolci tipici fatti in casa: il pangiallo, il panpepato, i bussolani e i tozzetti. Erano dolcetti fatti con quello che le famiglie avevano in casa, i fichi secchi, le noci, la farina e il miele, ma c’era anche chi era povero e non aveva lo scocciato per fare il pangiallo, per cui dava sapore a quel dolce aggiungendo del pepe e faceva così il panpepato”.

orlando Bonifazi


Befana

Era il 6 gennaio, infatti, la vera festa per i più piccoli: oltre ai dolcetti tipici dell’Epifania, come i mostaccioli e il biscotto fortunato della pupazza con tre seni, alle bambine veniva di solito regalata una bambola e ai bambini un fuciletto, un trenino o una macchinina. Giochi che i più fortunati potevano tenere per tutto l’anno, mentre non di rado capitava che dopo qualche giorno quelle bambole e quei trenini sparissero per ricomparire l’anno successivo, come dono di una Befana che non aveva magari la possibilità di regalare qualcosa di nuovo a quei bambini, ma non voleva rinunciare al loro sorriso.

Più informazioni
commenta