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Il prof. Tutino al nono giorno di sciopero della fame chiede solidarietà ai colleghi docenti

Tutino

Davide Tutino, esponente di resistenza radicale e del sindacato Fisi, in sciopero della fame dal 31 dicembre scorso, chiede ai docenti di esprimere solidarietà verso i colleghi sospesi. Nei giorni scorsi all’INI di Grottaferrata è stato esentato temporaneamente dal vaccino, almeno fino al 31 gennaio.

“Ho chiesto ai Collegi Docenti di esprimere solidarietà con chi è allontanato dal lavoro per ragioni politiche, e condannato alla fame. Col mio sciopero della fame chiedo che il governo rispetti quella scienza che esso stesso ha imposto, e consenta a tutti di lavorare e vivere. Non intendo avallare la narrazione sull’efficacia dei tamponi, ma chiedo ai poteri che occupano le istituzioni di agire secondo quella che essi definiscono scienza, e che il datore di lavoro si faccia carico, come da legge, di quei dispositivi di sicurezza detti tamponi, lasciandoci lavorare, tutti.”

Tutino, nel comunicato stampa inviato alla nostra redazione, chiede anche alla propria dirigente di suggerire un modo attraverso il quale farsi sospendere per ragioni disciplinari: infatti in tal caso si ha diritto ad un assegno alimentare.

“Secondo queste norme illegittime, disumane, contrarie alla Costituzione e alle Convenzioni Internazionali, chi si rende responsabile di gravi violazioni disciplinari verrà sospeso, ma avrà diritto a sopravvivere, attraverso un piccolo assegno. Chi invece disubbidisce al governo deve morire. È questa la scuola che vogliamo?”.

Segue la lettera del professor studente Tutino ai propri colleghi del liceo Gullace di Roma.

“Spettabile Collegio Docenti,

In vista della convocazione del 10 gennaio chiedo formalmente l’integrazione dell’ordine del giorno con il seguente argomento:

“espressione di solidarietà ai colleghi sospesi senza stipendio, da parte del collegio docenti.”

Diversi nostri colleghi sono stati sospesi dal servizio, e privati di ogni forma di sussistenza economica.

Questi fratelli che abbiamo avuto accanto giorno per giorno, con cui abbiamo scambiato sorrisi da dietro le mascherine, saluti di buongiorno e di arrivederci, sono condannati alla fame.

La condanna deriva dalla mancata obbedienza al governo: è una condanna puramente politica, senza alcuna motivazione sanitaria.

Lo stesso governo secondo il quale eravamo in totale sicurezza lavorando con i tamponi, ora li punisce e li affama, impedendo loro di lavorare secondo quegli standard di sicurezza.

Col mio sciopero della fame, che dura da 9 giorni, chiedo che il governo rispetti quella scienza che esso stesso ha imposto, e consenta a tutti di lavorare e vivere.

Sia chiaro che con questa richiesta non avallo in alcun modo la narrazione propagandistica sulla efficacia dei tamponi, ma chiedo ai poteri che occupano le istituzioni di agire secondo quella che essi definiscono scienza, e chiedo che essi obbediscano alle leggi dello Stato italiano. Chiedo che il datore di lavoro si faccia carico, come da legge, di quei dispositivi di sicurezza detti tamponi, e ci lasci lavorare, tutti.

La stessa sorte toccata ai colleghi attende altri di noi, che saranno allontanati della scuola e privati di ogni mezzo di sussistenza.

Con questo scritto chiedo quindi alla dirigente di suggerire un modo attraverso il quale farsi sospendere per ragioni disciplinari: infatti in tal caso si ha diritto ad un assegno alimentare.

Secondo queste norme illegittime, disumane, contrarie alla Costituzione e alle Convenzioni Internazionali, chi si rende responsabile di gravi violazioni disciplinari verrà sospeso, ma avrà diritto a sopravvivere, attraverso un piccolo assegno.

Chi invece disubbidisce al governo deve morire.

È questa la scuola che vogliamo?

Se la scuola diviene il luogo in cui si insegna l’obbedienza è inevitabile cadere degli orrori che già Hannah Arendt ha descritto:

“Tutti infatti si giustificarono dicendo di aver obbedito agli ordini, nessuno di loro si domandò se l’ordine fosse giusto o sbagliato, nessuno prese posizione, tutti eseguirono solamente, poi tornavano a casa, baciavano la mogliettina e giocavano con i loro figli. In questo sta proprio la banalità del male, nella normalità, nella assoluta mancanza di coscienza, tutto faceva parte di un grande disegno al quale tutti loro dovevano e volevano assolutamente partecipare.” 

– H. Arendt, La banalità del male

Professor Studente Davide Tutino

 

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