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Il TAR del Lazio boccia il Ministero su Vigile Attesa e gli ostacoli alle Cure Domiciliari Precoci. Meloni: “Speranza ha fallito, si dimetta”

Vaccinazione Covid
Scricchiola, e non poco, il “rimedio” della tachipirina e vigile attesa”, che ha costituito a lungo le fondamenta con cui il Governo, col tramite del Ministero della Sanità, ha deciso di combattere gli effetti del Covid-19, finendo per ostacolare, di fatto, chi sosteneva non fosse il metodo migliore. Lo scossone è arrivato nella giornata di sabato dal TAR del Lazio, che ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino per conto del Comitato Cura Domiciliare Covid-19 contro la circolare del ministero della Salute.
Nel mirino è finita la ‘gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2’ nella parte in cui nei primi giorni di malattia si prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid.
Secondo il Tar “la prescrizione dell’Aifa come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto della malattia Covid-19, come avviene per ogni attività terapeutica”, conoscendo peraltro la situazione di salute di ogni singolo paziente. il Tar del Lazi, nella sua sentenza, ha quindi accolto il ricorso del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, che ha dovuto faticare non poco, in questi 2 anni, per avere visibilità e potersi dimenare tra i tanti impedimenti e, persino, le difficoltà a potersi dimenare sui social senza timore di “blocchi” improvvisi.
Il Tar ha quindi annullato la Circolare nella parte in cui prevede la “vigilante attesa” nei primi giorni della malattia e pone indicazioni di non utilizzo di farmaci. Per il Tar, “è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito. La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID-19 come avviene per ogni attività terapeutica”.
La conclusione è che “il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico dalla scienza e deontologia professionale”.
Immediata la reazione dell’avvocato Grimaldi: “Finalmente viene messo un punto fermo a una battaglia che portiamo avanti da due anni. E’ la fine della vigile attesa – ha commentato l’avvocato – per dimostrare che le linee guida ministeriali fossero di fatto uno strumento per vincolare i medici di medicina generale alle eventuali responsabilità che derivano dalla scelta terapeutica. Il Governo, andando a vincolare i medici, ha di fatto privato i cittadini delle cure domiciliari precoci, paralizzando la sanità territoriale, e portando al collasso il sistema ospedaliero, con le drammatiche conseguenze che migliaia di famiglie conoscono purtroppo molto bene”.
“Le scelte terapeutiche sono da sempre un dovere e un diritto dei medici, eppure chi ha curato a casa è stato ingiustamente bistrattato e accusato più volte di agire in malafede – ha aggiunto la portavoce di CDC-19, Valentina Rigano – invece di ascoltare e recepire le costanti richieste di collaborazione che abbiamo più volte proposto al Ministero, per trovare una soluzione comune all’emergenza, chi ha preso decisioni ha ignorato le capacità e l’esperienza di migliaia di medici. Questa decisione cristallizza una volta per tutte quale sia il ruolo del medico di medicina generale, ovvero agire e non lasciare i malati Covid ad attendere l’evolversi della malattia”.
I medici possono scegliere la terapia domiciliare che vogliono per curare i pazienti malati di Covid, è il succo della sentenza, che di fatto cambia le carte in tavola e pone degli interrogativi clamorosi su cosa abbia spinto il Ministero e il Governo ad ostinarsi su un protocollo che, a detta di tanti medici, ha finito per aumentare i ricoveri e, purtroppo, anche i decessi. Se il terremoto causato dal Covid-19 è stato soprattutto legato al tentativo di limitare i contagi per non intasare i posti letto degli Ospedali, il TAR del Lazio ha certificato che la linea del Governo ha implicitamente limitato la possibilità di far ricorso a quelle cure domiciliari che, in tanti casi, si sarebbero potute rivelare provvidenziali.
Furente Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, uno dei pochi partiti rimasti fuori dalla larghissima maggioranza del Governo Draghi: “Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Comitato per le Cure domiciliari e bocciato le famigerate linee guida del Ministero della Salute su “tachipirina e vigile attesa” – ha evidenziato Giorgia Meloni -. Dopo due anni di fallimenti conclamati la sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del Ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base. È chiaro che Speranza non può rimanere un minuto di più, Mario Draghi e le forze di maggioranza prendano atto del fallimento”, ha concluso.
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