Cronaca

Ariccia – Un uomo ed un 19enne tentano il suicidio dal Ponte, ma intervengono gli angeli di Alteya

Ben due tragedie sfiorate dal ponte di Ariccia, ed entrambe hanno visto protagonisti i ragazzi che lavorano per la cooperativa Alteya, di Galloro, che si occupa di promuovere l’integrazione sociale di bambini e adulti diversamente abili e più in generale persone in difficoltà.

Due casi fortuiti nella giornata di ieri – quasi surreale la coincidenza -, su quel ponte tristemente noto per le tragedie consumatesi o tentate.

Un signore cinquantenne del posto, probabilmente con problemi psichici, prima, intorno alle ore 12, mentre Matteo Fabber ed Emanuele Forte tornavano alla sede di Galloro dopo essere stati a Villa Albani di Anzio, ed un ragazzo 19enne di Varese poi, nel primo pomeriggio, quando Matteo, da solo stavolta, stava tornando a casa e si dirigeva verso Roma.

Questa la ricostruzione dell’accaduto. “Può capitare che vivi tutta una vita ad Ariccia, e che su quel ponte ci passi dieci volte al giorno e che distrattamente una volta guardi il mare, una volta il bosco e, ogni tanto, pensi a cosa può anche significare quel posto.
Ma più spesso capita che ci passi senza accorgertene, attento a quello che accade sulla strada, ascoltando la radio, pensando a quello che devi fare o alla strada da prendere, o magari parlando con il tuo collega sul furgone che ti porta al lavoro.
Ed è proprio il tuo “collega”, che poi è soprattutto un amico, che ti dice «Oh, ma che, quello se sta a butta’?»
Ma no, sono le persone che stanno lavorando al ponte, glielo dici, ne hai viste un paio col caschetto anche ieri.

Ma Emanuele ti dice fermati Matte’, fermati ché quello non sta lavorando.
E allora ti fermi e scendete e vedete una persona che ha scavalcato il parapetto ed è scesa sui ponteggi e capite che non è un operaio.
Chiama qualcuno, ferma qualcuno, ma a questo punto non ci pensi già più, Emanuele ti dice dobbiamo prenderlo e tu sei già sui ponteggi che neanche te ne sei accorto che hai scavalcato il parapetto. Segui quella persona, non sai chi è, non sai come ci è arrivata ma hai capito perché, e allora un piede dietro l’altro sui tubi, una mano a reggerti, gli vai dietro.
Gli parli, lo chiami, cerchi di avvicinarti ma non vuole farsi toccare, poi non sai come gli sei addosso, un po’ lo trattieni, un po’ lo convinci, alla fine riesci a tirarlo su con Emanuele che ti aiuta. E poi c’è la polizia, l’ambulanza“.

E poi ancora. “E capita che poche ore dopo come sempre su quel ponte ci ripassi, ma questa volta senza Emanuele, e magari ripensi a quello che è successo stamattina, ma neanche troppo perché vedi un vecchietto, sì, un “vecchietto” perché da noi è più affettuoso che anziano, è già di famiglia e non un estraneo, che fa gesti, quasi si butta in mezzo alla strada. Scendete, aiutatemi, c’è uno che si sta buttando di sotto.
Ma come? E subito ripensi a quello che è successo prima, sarà la stessa persona, sarà scappata? Stavolta è dall’altro lato, quello che dà su parco Chigi, lì ci sono le reti, ti affacci e no, è un altro, è un ragazzo. Ed è ormai sul bordo della rete.

E come prima non ci pensi, perché se ci pensi è finita, e ti butti sulla rete anche tu, con i piedi che inciampano nelle maglie larghe, e lo vedi che gli manca un passo per andare oltre ed è come se fosse sospeso, congelato nell’istante.

Guardi un attimo di sotto e ti toglie il fiato, sono 100 metri, sono un attimo, sono eterni, sono a pochi metri da te e ancora meno da lui.
E allora gli salti addosso, lo afferri strisciando sulla rete e aiutandoti con uno dei montanti che la sorregge, lo abbracci, lo stringi con tutte le tue forze e gli urli e ti urli di stare fermi, di stare appiccicati, devi convincere lui ma soprattutto te stesso.
Poi piano piano ti rialzi assieme a lui, senza lasciare la presa, guardi verso la balaustra e c’è un vigile che ti aiuta, poi siete sul marciapiede in mezzo alle persone che ti parlano, ti abbracciano, non sai neanche come, ancora una volta, ancora oggi“.

Sembrano le scene di un film ma non lo sono. In questi racconti c’è racchiuso tutto il dramma di vite, anche giovanissime, che pensavano di giungere volontariamente al capolinea, se non fosse stato per l’intervento dei due angeli di Alteya.

 

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