Politica

Luca Nardi (M5S): “Definire la città Albano una smart city è stato un inganno o un peccato di ignoranza?”

“La Città di Albano Laziale,  che si è auto-definita una Smart city nel 2015  grazie all’installazione della fibra ottica comunale, e l’attivazione del WI-FI pubblico nel 2017 in 4 luoghi centrali della città, ha ufficialmente sospeso nel 2014 la redazione dell’Annuario Statistico, sostituendolo con la pubblicazione degli OPEN DATA, “dati aperti”,  ovvero utilizzabili da cittadini, imprese e associazioni per studi ricerche o applicazioni varie.

L’obiettivo? Quello auspicato di diventare una “città intelligente”.  

Sicuramente un ottimo inizio che ci era valso anche una citazione del Sole 24 Ore indicando la Città di Albano Laziale quale secondo Comune (dopo Bologna) d’Italia per numero di data set pubblicati.

Peccato che questo riconoscimento teneva conto soltanto dell’aspetto quantitativo,  cioè del numero dei data set pubblicati e alla pari della comunicazione istituzionale  non teneva assolutamente in considerazione l’analisi di un contesto infrastrutturale deficitario, lacunoso e abbastanza velleitario. .  

Gli open data (dati aperti) si basano su dei requisiti base fondamentali, senza i quali viene a cadere l’utilità di questa forma di comunicazione innovativa:

trasparenza

accessibilità

riutilizzo  

partecipazione

Per far sì che si possa veramente parlare di open data, smart city  e di una Amministrazione veramente aperta e trasparente occorrerebbe innanzitutto adeguare la città a forme di interazione miste, una nuova ecologia, dove la tecnologia, i sensori e le reti digitali (big data)  rivestano con pari dignità dell’uomo un ruolo di primaria importanza nella lettura  e nella individuazione di  soluzioni a problemi e processi complessi quali lo stato di salute di un territorio, l’impronta ecologica, il consumo delle risorse naturali, l’aria, l’acqua, la terra, la vivibilità, la sostenibilità di azioni e decisioni apparentemente innocue, la mobilità, la socialità, l’economia.

Tuttavia bisogna comprendere che non si può parlare di smart city, né di open data se la città non è ancora predisposta né attrezzata a livello tecnologico per produrre big data, ovvero dati informativi raccolti in grandi volumi, velocità e varietà (le tre V dei big data).

Inoltre, e sarebbe veramente auspicabile, gli open data dovrebbero essere veramente gli indicatori di una città, consentire ai cittadini e alle imprese di poter analizzare e utilizzare i dati non soltanto come storico ma come fotografia attuale e in tempo reale.  

Purtroppo, da un’analisi del portale, ci rincresce constatare come i presupposti su cui si fonda questa importante innovazione non siano assolutamente rispettati.

Nel dettaglio infatti, oltre a un evidente assenza di dati recenti (solo lo 0,05% dei dati si riferisce agli ultimi due anni….) che certificano una effettiva inefficacia del sistema, peraltro troppo dipendente dall’inserimento manuale dei dati, si riscontra una scarsissima presenza di  sensori e apparecchiature tecnologiche in grado di processare dati di rilevamento, relativamente, per fare un esempio, ai parametri ambientali, climatici, della mobilità e dei flussi in entrata e in uscita.

Questa purtroppo è la prova che la politica degli annunci non è producente e non fornisce risposte adeguate alle esigenze di questa epoca, nonostante la disponibilità di tecnologie avanzate ed esperienze di successo nel campo dell’intelligenza artificiale.

Per una maggiore comprensione ed approfondimento di ciò che dico, invito a consultare l’esperienza di Barcellona dove Francesca Bria (italiana), Assessora alle politiche tecnologiche e di innovazione sta trasformando gradualmente la città in una vera smart city, intelligente e ricca di nuove opportunità, grazie alla tecnologia (big data) e alla partecipazione dal basso dei cittadini.   

Allo stesso modo, anche il caso di Chicago, attraverso il progetto “The array of things” può essere interessante per capire come sensori, apparecchiature digitali, open data e partecipazione stanno creando nuovo valore e qualità della vita per la città, sotto tutti i punti di vista.

Alla luce di queste riflessioni e considerazioni, credo che  sarebbe opportuno fare un passo indietro e in primis avviare un serio percorso di formazione sulle tematiche della digitalizzazione, dei big data e delle smart cities per  poter poi procedere con maggiore consapevolezza ed efficacia agli interventi e alle azioni necessarie, evitando così inutili e controproducenti perdite di tempo, denaro e opportunità.

Importante infine sottolineare come anche nei capitoli di finanziamento del PNRR siano presenti i temi della digitalizzazione e dell’innovazione, sui quali sarebbe auspicabile puntare con convinzione e consapevolezza, con dei progetti finalizzati ad avviare la transizione ecologica e la riconversione e riqualificazione delle imprese, per rispondere con efficacia alle emergenze economiche, ambientali e sociali del nuovo Millennio.

Resta tuttavia un interrogativo: definire la città Albano come una smart city è stato un inganno o un peccato di ignoranza?

Luca Nardi

Consigliere Comunale M5S Albano Laziale

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