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Albano-Ariccia, Don Antonio sulla Giornata del Malato: “Chi amministra non dimentichi chi soffre e chi sta male”

ariccia salimbeni

In occasione della ‘giornata del malato’, che coincide con la festa della Madonna di Lourdes, don Antonio Salimbeni, parroco delle due parrocchie di Albano-Cancelliera e Ariccia Fontana di Papa, ha lanciato un appello ai suoi fedeli e ha colto anche l’occasione per chiedere agli amministratori pubblici di non dimenticare di sostenere chi sta male, chi soffre, gli ultimi della società, anzi li ha esortati a sostenerli a dovere. In un passaggio della sua omelia don Antonio fa infine riferimento ad una recente lettera pastorale in cui il cardinale Semeraro fa riferimento alla misericordia dovuta verso i più deboli e malati. “Cari fratelli e sorelle – si legge nell’omelia di don Antonio di quest’oggi, 11 febbraio – oggi celebriamo la festa della Madonna di Lourdes, che coincide con la Giornata mondiale del Malato, che quest’anno compie trent’anni dalla sua istituzione. La malattia è una condizione di estrema difficoltà personale, di dura sofferenza fisica ma anche psicologica e spirituale. Nei momenti in cui si è colpiti da un male si palesa subito la paura del dolore e della sofferenza, la disperazione, la tristezza di vivere una vita incompleta, che può essere considerata non più degna di essere vissuta, soprattutto se ci si trova di fronte alla prospettiva dell’impossibilità di essere curati.

La durezza di una tale prova può scoraggiare non solo chi la subisce, ma anche chi gli sta accanto, le persone che sono legate al malato da vincoli di amore, di affetto e di amicizia; può contribuire anche ad allontanare gli altri membri della comunità, che non entrano in connessione con chi vive questa realtà, con il rischio che chi si ammala venga lasciato solo con la sua malattia fisica, a cui si aggiunge un’altra forma di male, quello che deriva dalla solitudine e, in alcuni casi, dal rigetto. Ma noi cristiani, carissimi, non siamo mai abbandonati perché abbiamo qualcuno a cui guardare, a cui rivolgerci, a cui appoggiarci: Gesù Cristo, nostro Salvatore. Gesù, nella sua predicazione, non ha mai distolto lo sguardo da chi, infermo, chiedeva il suo aiuto; ha risanato chiunque supplicasse il suo intervento, non si è mai tirato indietro né per paura della malattia in sé, né per timore delle chiacchiere e della approvazione, o disapprovazione, della gente. Gesù non ci lascia mai soli nella prova, ci sostiene e fa nascere in noi la forza per superare la difficoltà; sta a noi avere fede nella salvezza che Lui ci dona. Un’immagine evangelica che mi viene alla mente è quella dell’emorroissa, cioè di quella donna che, per dodici anni, subiva copiose perdite di sangue che nessun medico aveva potuto guarire; lei non chiama Gesù, non lo invoca da alta voce, ma sa che anche solo toccando la sua veste potrà guarire; Gesù, dopo che lei gli aveva raccontato quanto aveva fatto, gli rispose “Figlia, la tua fede ti ha salvata” (Mc 5, 29-34).

La nostra fede, cari amici, è la nostra fede che ci permette di superare la prova durissima della malattia; solo grazie alla fede saremo capaci di sentire l’abbraccio di Gesù che ci solleva ed allevia le nostre sofferenze. La fede in Gesù, il riconoscimento del dono della Sua misericordia ci permette, a nostra volta, di essere amorevolmente misericordiosi con chi soffre i mali del corpo e anche quelli dello spirito, di essere strumenti di cura, che, come ci ha ricordato nella sua ultima lettera pastorale da Vescovo di Albano il cardinale Marcello Semeraro, è la forma principale che assume l’Amore. Ecco perché, carissimi, non dobbiamo mai dimenticare i nostri doveri nei confronti di chi soffre, sia da un punto di vista personale ma anche da un punto di vista sociale; come ci ricorda papa Francesco, chi governa ed amministra la comunità ha il dovere di provvedere con tutte le azioni e le politiche necessarie a fornire tutta l’assistenza migliore possibile per avvolgere i malati, e chi se ne prende cura, in una rete di protezione e di sostegno significativi, non lasciando indietro nessuno”.

Lasciamoci, cari fratelli e sorelle, investire dall’Amore di Dio, riempiamoci della Sua grazia; così ristorati possiamo essere missionari di cura e anche di guarigione nei confronti di chi soffre; non abbiate paura! La Luce, che è Gesù, squarcerà ogni tenebra e porterà al trionfo del bene su ogni tipo di male; Lui, Via, Verità e Vita ci risana con il suo sguardo d’amore. Sono vicino, con la preghiera, a tutti gli ammalati e a chi se ne prende cura, che abitano le nostre comunità, e chiedo allo Spirito che vi dia la forza per continuare il cammino della vostra vita. Fa, oh Signore, che sappiamo anche noi essere, come sei stato Tu, buoni samaritani per ogni persona che, soffrendo, ci chiede di amarla senza riserve. Sia lodato Gesù Cristo! Di cuore Vi benedico, Don Antonio”.

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