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Albano – Ariccia, parola a Don Antonio: “Amministratori dei Castelli, ascoltate col cuore le istanze di tutti” 

salimbeni

Impegno religioso, ma anche etico, morale e sociale. Don Antonio è parroco, dal settembre di 2015 a Fontana di Papa (Ariccia) e poi, dal 2018, anche a Cancelliera (Albano). Un uomo molto attivo a sostegno della comunità, dentro e fuori le mura ecclesiastiche. Castelli Notizie lo ha intervistato ed è uscita una chiacchierata davvero interessante e significativa.  

Don Antonio, buongiorno. Partiamo in anzitutto dalla sua figura: le sue origini, quali parrocchie guida e da quanto è ai Castelli Romani? Vengo da un piccolo paese della Calabria ionica, in provincia di Crotone, da una famiglia semplice, fatta di persone con la coscienza del duro lavoro, in rapporto stretto con la natura del luogo. Mio padre lavorava la terra con dedizione, ma soprattutto con rispetto ed amore; io, aiutandolo, ho imparato il valore e la dignità del lavoro e della profonda connessione con l’ambiente naturale, apprezzando i doni che la terra ci metteva a disposizione. Mia madre, che si occupava di noi figli e della casa, oltre ad aiutare mio padre, ha sempre costituito un grandissimo esempio di fede per me, dedita alla preghiera, da cui traeva la forza per la vita; così ispirato ho sempre partecipato alla vita cristiana nella mia parrocchia, sotto la guida di un grande sacerdote. Inoltre, grande importanza per la mia vita spirituale ha avuto il mio Vescovo di allora, Mons. Giuseppe Agostino, una figura esemplare di pastore, sia da un punto di vista spirituale che da un punto di vista intellettuale e sociale ed il suo successore, che poi mi ha ordinato sacerdote, Mons. Andrea Mugione, che era stato missionario in Venezuela e che aveva ben presente il concetto di evangelizzazione profonda.  La vita parrocchiale, intensamente vissuta grazie anche a questi modelli mi ha aperto il cuore alla chiamata del Signore, e così, nel 1999, sono stato ordinato sacerdote.  La mia prima parrocchia era in un paesino di montagna, dove mancava un sacerdote da 17 anni, con una chiesa costruita nell’XI secolo, bellissimo esempio di architettura romanica. Con l’aiuto del Signore, traendo forza da Lui, si è riuscito a ricostruire non solo la vita materiale della comunità, ma soprattutto quella spirituale, ravvivando la fiamma della fede, portando il Vangelo a tutti, senza escludere nessuno. Nella mia seconda comunità, che si trovava nella frazione sul mare del mio paese, mi sono impegnato ad offrire sostegno, conforto e speranza a chi soffriva la disoccupazione ed il disagio della mancanza di lavoro e di opportunità e offrendo anche, insieme a tanti altri, la testimonianza di rifiuto e contrarietà alla criminalità organizzata, purtroppo presente in quei territori.  

 E dopo questi primi anni intensi di ministero sacerdotale? “Diciamo che ho sentito il bisogno di riposarmi e ricaricarmi. Nella seconda metà del 2015, mi sono trasferito nella Diocesi di Albano. Il Vescovo mi ha chiesto di impegnarmi pastoralmente nella nostra Diocesi; prima sono stato come collaboratore parrocchiale a San Benedetto ad Anzio, dove ho incontrato tante belle persone ed una comunità viva, in cammino gioioso, poi al Duomo di Albano, infine come parroco, dal settembre di quell’anno a Fontana di Papa e poi, dal 2018, anche a Cancelliera, dove ci siamo impegnati con i collaboratori a rimettere in moto il cammino della comunità, di ravvivare lo spirito già presente, di dare nuovi orizzonti di riflessione ed azione sulle strade della fede, cosa che stiamo ampiamente realizzando, con il contributo di tutti e l’avvicinamento di sempre nuove persone, anche giovani e giovanissimi”. 

 A proposito, come è il rapporto con la comunità di questo territorio così bello e interessante? Ho trovato, qui ai Castelli Romani, un territorio pieno di ricchezze, culturali, sociali, economiche anche, e molte persone di buon volontà e gran cuore, dedite a fare il bene con impegno e disinteresse, vivendo con gioia e serietà la propria fede cristiana. Ciò che invece un po’ mi rattrista è che noto un certo sfilacciamento dei legami che ci definiscono come comunità, la crescita del disinteresse per gli altri e per il territorio, un po’ di apatia e rassegnazione. Credo che vada riscoperta la dimensione comune che ci unisce, la nostra fratellanza in quanto figli di un unico Padre che ci ama infinitamente; come Lui ama noi, così noi dobbiamo amare il nostro prossimo, mettendoci in gioco, donandoci gli uni agli altri come ha fatto Gesù per noi sulla croce. 

Nelle sue omelie, riprende spesso temi molto attuali e “laici”, segno che è molto attento e aperto al mondo che la circonda. Su quali temi punta in particolare? Io non li definirei temi prettamente “laici”, ma questioni che riguardano la dignità dell’uomo, il valore prezioso della vita umana, donataci da Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. La Chiesa è custode della speranza della redenzione, cioè del trionfo del bene sulle tenebre, della costruzione del Regno dei Cieli già qui, sulla Terra. Per questo ho voluto porre l’attenzione sulla tutela e la protezione del Creato, che è dono di Dio per l’uomo, creatura come le piante, gli animali, il paesaggio; essendo un dono non siamo padroni, ma custodi, che dovrebbero essere premurosi per amore del Padre che ci ha dato tutta questa bellezza e ricchezza e per amore dei nostri fratelli, per garantire loro una qualità della vita dignitosa, senza che si creino zone dove le persone siano costrette a vivere respirando, bevendo e mangiando veleno, con la continua angoscia di poter terminare anzitempo la propria vita a causa di malattie incurabili, sentendosi trattati, di conseguenza, non come uomini, ma come scarti. Papa Francesco continua ad ammonirci sul guardarci dal non aderire ad una diffusa “cultura dello scarto”, che divide tra uomini di prima classe e di seconda classe, tra vincenti e perdenti: Gesù invece ci dice “Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi” cioè dobbiamo mostrare amore gli uni per gli altri in maniera incondizionata, senza riserve, senza distinzioni, perché Lui ci ama tutti infinitamente, allo stesso modo. Ho voluto anche rivolgere l’attenzione sul tema del lavoro, perché oggi noto che sia una questione alla quale si guarda solo da un punto di vista economico, tecnico, senza prendere in considerazione che il lavoro è espressione della natura umana, è un segno distintivo dell’essere umano che, attraverso il lavoro non contribuisce solo all’andamento economico e produttivo della società, ma anche alla crescita personale e collettiva della sua dimensione spirituale. Ecco perché bisogna che i lavoratori non vengano trattati come cifre, solo come costi, solo come funzioni di produzione, ma come persone appunto, ed il lavoro come essenziale per la loro dignità, perché senza lavoro non si può vivere una vita piena, e con un lavoro precario, non stabile, sottoposto al ricatto di coloro a cui non importa della sorte del fratello lavoratore che si trova in difficoltà, non permette lo sviluppo sano della persona, la solidità della famiglia, il contributo forte alla comunità, ma si finisce per essere assimilati ad una condizione quasi servile, esposti al pericolo di poter perdere la vita guadagnando il pane quotidiano, noi che per Dio siamo figli ed eredi di ciò che Egli ha preparato per noi, come dice San Paolo”. 

Don Antonio, si sente di aggiungere altro? Un’altra questione importante, che è stata acuita dalla pandemia, è quella della solitudine, che vivono sia gli anziani, ad esempio, che i giovani; anche qui non possiamo farci attirare dalla “cultura dello scarto”; papa Francesco ha voluto dare un segnale forte, quando ha istituito la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. C’è bisogno, io credo, di un esame di coscienza di noi tutti perché ci facciamo prossimi davvero alla fragilità e alle difficoltà, che ci rendiamo concreta immagine di Cristo che accoglie e che consola, che mettiamo, ognuno di noi, da parte il nostro egoismo e doniamo noi stessi per alleviare la sofferenza di chi vive come se fosse dimenticato dal mondo. C’è bisogno del calore del cuore nostro accostato al cuore ferito di chi sembra non avere via di uscita; non possiamo permettere che ci siano situazioni che sfocino in gesti estremi, di persone, molto giovani anche, che decidono di non continuare più a vivere perché sembra che la loro vita sia un’inutile sofferenza, e non l’immenso dono dell’amore del Signore. In merito ai giovani poi, una cosa che mi preme molto è l’impegno che tutta la collettività dovrebbe mettere in campo per ovviare ad una vera e propria emergenza educativa che si aggrava ogni giorno di più; l’educazione, l’istruzione, la formazione, sono la chiave per comprendere sé stessi, gli altri, il mondo; non dobbiamo lasciare indietro nessuno, dobbiamo essere vigili ed attenti, come il Buon Pastore, che avendo cento pecore, perdendone  una, lascia le novantanove e la va a cercare, perché ognuna di loro è speciale ai suoi occhi.  Infine un pensiero a chi purtroppo è affetto dalla malattia; la sofferenza fisica e psicologica che sopportano i malati può trovare sollievo non solo nelle cure e nell’assistenza professionale, che deve essere garantita al  massimo grado,  ma anche dal dono dell’amore di chi si prende cura del fratello in difficoltà; Gesù non si è mai tirato indietro di fronte alla sofferenza, ma è sempre intervenuto per alleviarla; la nostra fede in Lui è la stella che ci deve guidare fuori dalle tenebre della disperazione. 

Principi e valori umani e morali, che consiglio si sente di dare agli amministratori per essere più vicino ai bisogni dei cittadini? Nel 2014, in vista delle elezioni comunali nel mio paese, ho scritto una lettera ai candidati sindaco, dove ho richiamato un concetto basilare: la politica è la più alta forma di servizio, che ha radici nella coscienza personale di chi si sobbarca l’impegno di rappresentare la comunità nelle istituzioni, per favorire, curare e promuovere il bene comune. Quindi, l’appello che mi sento di fare, è questo: ascoltare, con il cuore, le istanze di tutti e, mossi dalla propria umanità, nel segno dell’amore fraterno fra tutti noi figli dell’unico Padre, cercare di migliorare la situazione di vita di ognuno; allora si potrà arrivare ad “allargare gli spazi della Carità”, come recitava il motto del mio Vescovo Mons. Giuseppe Agostino, che tanto si è speso per la situazione sociale dell’Arcidiocesi di Crotone; la cura, il prendersi cura che è forma principale dell’Amore, come ci ha detto il Card. Semeraro, nell’ultima sua lettera pastorale da Vescovo di Albano, messaggio che ha fatto suo anche il nostro attuale pastore Mons. Vincenzo Viva. Prego per tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche e sociali, affinchè ricevano conforto, forza e sapienza dallo Spirito Santo, che soffia come un vento che rinnova il volto della Terra e il cuore degli uomini. 

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