Cultura

“L’avvenire non è la guerra”, settant’anni dopo: la poesia di Renzo Nanni è senza tempo

Renzo Nanni scrisse “L'avvenire non è la guerra”, Il Canzoniere, che si affermò al Viareggio Opera Prima nel 1952. Una poesia di denuncia, amarissima, senza tempo.

Nel 2004 ci lasciò Renzo Nanni, fra i pochissimi sopravvissuti alla ritirata di Russia. Coltivava il suo uliveto nella campagna di Velletri, dove aveva forse ricercato rifugio dalle memorie di una terribile guerra, o forse quella pace per la quale tanto aveva combattuto – con la Katiuscia e con la penna – e che aveva visto sempre più allontanarsi come possibilità.

renzo nanni

Il suo cappello di alpino con la penna mozzata da un proiettile, la cartina della Russia e la bussola, conservati nel suo piccolo studio, cimeli di un momento storico fatto di vergogna, pietà e incredulità.

Nanni riportò a casa la sua giovinezza grazie all’incontro con il padre, che le guerre le aveva fatte tutte a partire da “quelle garibaldine”, ma che ‒ anche su preghiera della moglie ‒ tornò in prima linea per recuperare il suo ragazzo. Si ritrovarono miracolosamente su una di quelle piste bianche di neve, rosse di sangue, nere di lupi. Piste maledette segnate dai corpi dei compagni caduti, rimasti per sempre nella terra dei girasoli.

Renzo Nanni scrisse “L’avvenire non è la guerra”, Il Canzoniere, che si affermò al Viareggio Opera Prima nel 1952. Una poesia di denuncia, amarissima, senza tempo.

L’avvenire non è la guerra

A Napoli ieri notte
hanno sbarcato la guerra.
L’hanno ancorata nel Golfo senza canzoni
e la città della musica taceva
come un gran pugno chiuso minaccioso.
Nave nemica non arresterai l’avvenire
nave che non risplendi alla luce
del giorno, perché porti tenebre e ti muovi
a lumi spenti sopra un mare vuoto.
L’avvenire è il respiro del mondo
fatto dell’alito di milioni di uomini uniti.
Hanno sbarcato trecentonove tonnellate
di guerra a Napoli fra case
ancora diroccate dalla guerra.
Ma l’avvenire non si misura a tonnellate
è dentro il cuore gonfio delle madri
è nella cronaca dello sciopero generale
è sulle terre dei feudi dove
si muore seminando il grano.

a cura di Maria Lanciotti

DI SEGUITO LE FOTO “Roma, contro la guerra”. Foto Roberto Canò

Generico marzo 2022

 

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