Ambiente

Allarme siccità anche ai Castelli Romani, Roberto Salustri (RESEDA) sulle falde acquifere: “Vicini al punto di non ritorno”

"Anche nei Castelli Romani - dichiara Roberto Salustri, direttore EcoIstituto RESEDA - non è piovuto per mesi, e qui la situazione si somma allo stato di sovra-sfruttamento delle falde idriche che imperversa da più di 30 anni"

LA DOGANELLA OGGI

Parlarne oggi, giorno in cui la pioggia è tornata a far capolino anche nel nostro territorio, dopo un’assenza protrattasi per settimane, può sembrare quasi un paradosso, ma in realtà il problema della siccità è talmente vasto che non si risolverà neppure con qualche giornata perturbata. 

Un tema, questo, che approfondiamo volentieri con Roberto Salustri, Direttore dell’EcoIstituto RESEDA Onlus. “In tutta Italia si fanno sentire le anomalie indotte dai cambiamenti climatici: in alcune regioni del sud alluvioni e nel resto d’Italia una siccità al di fuori di ogni scala. Anche nei Castelli Romani – evidenzia Salustri – non è piovuto per mesi, e qui la situazione si somma allo stato di sovra-sfruttamento delle falde idriche che imperversa da più di 30 anni. L’eccessivo consumo delle risorse idriche, dovuto alla popolazione che supera le capacità ecologiche del territorio, ha gravemente danneggiato le falde idriche, e diminuito di oltre 45 milioni di mc il volume dei due laghi. Queste ci mette in una situazione di incapacità a resistere alla siccità, le falde sono idrogeologicamente isolate e ormai non comunicano più fra loro e per trovare l’acqua bisogna ormai scendere a profondità elevate”.

“Non solo gli ecosistemi lacustri sono stati danneggiati – prosegue Roberto Salustri – creando squilibri ecologici difficilmente riparabili, ma anche ecosistemi di importanza comunitaria come l’area del Cerquone/Doganella, le sorgenti del Monte Artemisio, Fontan Tempesta. Gli importanti torrenti, che nascevano dal Vulcano Laziale e che alimentavano i fiumi che scendevano verso Roma e il mare, sono ora solo pieni di rifiuti. Un territorio ricco di acqua come i Castelli Romani si trova oggi in grave deficit idrico, almeno il 110% fuori dalla sostenibilità. Basterebbe ridurre i consumi del 30%, riparare gli acquedotti e impedire un ulteriore consumo del suolo: la cosiddetta “opzione zero nuovo cemento””.

“A questa e altre soluzioni stanno lavorando i partecipanti del “Contratto per i laghi, i fiumi e le falde dei Castelli Romani”. Progetti come quelli del recupero del patrimonio edilizio, opere di ingegneria naturalistica e di forestazione urbana porterebbero molti più finanziamenti e lavoro di quanto fanno attualmente cemento e strade. Purtroppo le amministrazioni comunali sono veramente poco sensibili a questi importanti temi. I politici locali non partecipano ai seminari e ai progetti che sono dedicati alla risoluzione di questi problemi e continuano ad autorizzare nuove opere edilizie. Questo metterà sempre più in pericolo qualsiasi attività produttiva e agricola del territorio, le attività turistiche e quelle artigianali.

Ormai anche le foreste risentono della mancanza di acqua nelle falde superficiali ormai non più alimentate dalle falde profonde. La situazione crea anche importanti danni all’agricoltura e una forte diminuzione dei prodotti agricoli locali. Ci vogliono politici competenti e che abbiano interesse ad azioni concrete verso la sostenibilità, non solo alle sagre paesane e al cemento. Invitiamo tutti i cittadini dei Castelli Romani a fare pressione verso il mondo della politica perché inizi a occuparsi seriamente di questo problema, non basta aspettare la pioggia”.

Il 20 Aprile si riuniranno i partecipanti al Contratto di Lago per ideare un piano di azione per i laghi e le falde dei Castelli Romani, c’è da sperare, a questo punto, che in quell’occasione interverranno anche i rappresentanti dei Comuni e che, soprattutto, prendano l’impegno ad un’azione concreta in merito a questa grave problematica, visto che “su pioggia, laghi e risorse idriche siamo sempre più vicini al punto di non ritorno…”.

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FONTE DOGANELLA COM'ERA
LAGHI

 

 

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