Lettera al direttore

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Drammatica testimonianza da Velletri: “19 anni anni di persecuzioni dal mio vicino di casa, senza un perché”

Ospitiamo la drammatica testimonianza di una donna che racconta la vera e propria odissea che sta vivendo nella sua casa a sud di Velletri, perseguitata ormai da anni dagli strani comportamenti del vicino. La donna si è rivolta alla nostra redazione, sperando che il racconto di quanto vive da tanto tempo possa aiutarla a venir fuori da questo incubo

Generico marzo 2022

Ospitiamo la drammatica testimonianza di una donna che racconta la vera e propria odissea che sta vivendo da anni nella sua villetta a sud di Velletri, perseguitata ormai da tempo dagli strani comportamenti del vicino, che in ogni modo ha provato a rendere invivibile la sua vita e quella della sua famiglia, ostacolando persino le operazioni di vendita dell’immobile, allorché i suoi attuali proprietari, vittime di un comprensibile scoramento, hanno pensato che vendere la casa fosse diventata ormai l’unica soluzione per venir fuori dall’incubo.

La donna si è rivolta alla nostra redazione, sperando che il racconto di quanto vive da tanto tempo possa aiutarla a porre fine alla sua drammatica storia. Del caso sono stati di recente interessati anche i servizi sociali. 



“Caro direttore,

lo stalking può essere perpetrato anche da un vicino di casa. La mia storia.

Io e mio marito abbiamo avuto sempre una grande passione per gli animali. Per questo abbiamo deciso, ormai 30 anni fa, di vivere a Velletri, accettando la proposta fatta dai miei genitori di usufruire della casa di campagna. Due cani, un gatto, tre oche e cinque galline sono stati i nostri compagni di viaggio per 10 bellissimi anni della nostra vita. E’ arrivata anche Camilla, nostra figlia, ed è stato perfetto. Poi, come in una bolla di sapone, è cambiato tutto nel 2003 alla morte di mio padre. Un vicino mai visto prima perché viveva all’estero ha strappato i manifesti a lutto posti sul nostro cancello. E’ stato il primo segno.

“Una ragazzata”, ha commentato la madre. Un atto quasi blasfemo fatto da un uomo di 38 anni? Siamo rimasti increduli. Nei giorni successivi un crescendo di avvenimenti che in un primo momento non avevamo collegato al tizio che chiamerò con un nome di fantasia: Genisio. A terra parte del muro di recinzione della casa, danneggiata con l’attack la serratura del cancello, cementata la griglia di ferro dello scolo delle acque e otturate le grondaie.

Genisio, senza battere ciglio, ha ammesso di essere stato lui. Parolacce, minacce e promesse di molto altro, la sua risposta. Perché? Mai una spiegazione. Ancora me la ricordo la scampanellata al cancello di una domenica mattina: ”Devi togliere le galline e le oche”. E io ingenua: ”Perché che fastidio ti danno? Stai 500 metri dalla mia casa”.

Decine di denunce sue e alla fine arriva a casa mia il direttore della Asl, il 113 e la polizia municipale per vedere “l’allevamento di polli abusivo”. Giunte scuse ufficiali da parte del dirigente dell’Azienda sanitaria. Giorni dopo ho trovato le 5 galline morte nel terreno di 1500 metri quadri e le 3 oche decapitate nella tinozza piena di acqua dove si facevano il bagno. Erano oche francesi, che sono come i cani. Ti seguono, vengono se le chiami, si fanno accarezzare. Le ho seppellite con un dolore immenso. Le galline le ho rimesse tre volte e per 3 volte le ho trovate ammazzate.

Abbiamo resistito fino a quando nostra figlia aveva 5 anni, la baby sitter che viveva con noi e che è rimasta nella nostra casa per 7 anni, ci chiamava in continuazione a lavoro, a Roma, perché il tizio sostava davanti al cancello facendo foto e riprese attraverso i buchi della siepe o delle griglie del cancello dicendo parolacce e minacciando di fare a me chissà che cosa. Un incubo. Una goccia continua.

Per questo ci siamo trasferiti a Roma e abbiamo usato questa amatissima casa, il sabato e domenica. Non c’è stata una volta che non abbiamo trovato novità: un albero tagliato, dei massi lungo la strada, una persiana aperta, una luce rotta, l’acqua aperta, il pozzo svuotato. Minacce di morte a me, parolacce, danni alla mia auto passando nella strada comune. Tutto sempre denunciato.

“Ti sparo, ti sparo”, abbiamo impiegato due anni per fargli togliere i fucili da caccia ereditati dal padre. E poi due avvenimenti per me spartiacque: era un 6 dicembre e portavo a casa i festoni e l’occorrente per la festa di compleanno di mia figlia.

Genisio davanti al mio cancello cementava al centro della strada un paletto di quelli che si usano per le viti. “Ma che fai?”, mi sono massacrata la macchina per uscire dal cancello, ho fatto una causa durata 14 anni e ho vinto nei tre gradi di giudizio ma sono state lacrime e sangue. E soldi, tanti. Non è cambiato molto.

Il secondo episodio per me drammatico è stato il taglio di 3 quintali di alberi dentro al mio terreno e l’abbattimento della siepe centenaria. “E’ stata mia madre”, ha detto ai carabinieri. Madre ultraottantenne. Mio marito e mia figlia il sabato e domenica vanno altrove. Io vengo una volta alla settimana. Vede l’auto, si precipita davanti al cancello, foto , filmini, minacce che si sono estese anche a chi mi viene a trovare.

“La strada è sua”. Ha aggredito due agenti immobiliari venuti per vendere la casa. Sì, ho deciso di venderla perché non ha prezzo la serenità. Con dolore. Ma lui continua. Ha messo tronchi, laterizi, pietre nella strada di accesso e ha obbligato me e altri due abitanti delle case dopo la mia, ad entrare in un altro ingresso. Denunce, contestazioni.

Ha vinto lui con la prepotenza. Si è preso 30 metri quadri di terreno. E in una riunione di tutti i confinanti ha detto chiaramente “che mi deve distruggere” e che “non mi farà entrare nel mio cancello”. Ed ecco qui, la profezia si avvera.

Sabato 26 marzo ha messo lastre di cemento lungo tutto il percorso della strada che porta alla mia abitazione delimitandone la carreggiata e arrivando fino a quasi metà della larghezza del cancello. Vuole chiudere. Fra l’altro le lastre di cemento le ha camuffate mettendoci sopra dei rami. Un lavoro di fino mentre il suo terreno è in grave stato di abbandono e infestato dai topi. Trentatré denunce. Il magistrato ha derubricato a lite fra vicini.

Mi sento usurpata, violentata nella mia persona. E’ la mia casa. Ho l’ansia quando entro nella strada perché non so mai cosa mi aspetta. Ho sempre il cellulare in una mano. Il 112 arriva subito quando lo chiamo. Mi conoscono i carabinieri, la polizia municipale. Scorgo insofferenza a volte quando mi presento per una denuncia. Penseranno: ancora lei? Ieri il commento di un’autorità: ”povera lei”.

Io non voglio essere commiserata, voglio che mi sia restituito il diritto di vivere nella mia casa. La amo: ci ho cresciuto Camilla, ci ho scritto i miei racconti. Velletri mi ha insegnato molto: so piantare e curare un orto, so seppellire un cane, allontanare un nido di api, non ho paura di serpi o pipistrelli, apprezzo il barbecue all’aperto e le docce con il tubo l’estate.

Mi hanno chiamato i signori dell’agenzia: hanno paura di portare le persone in visita. Io in questa casa non ci posso stare e neanche la posso vendere. Non avrò giustizia e la mia frustrazione aumenta a dismisura mentre Genisio continua impunito”.

Paola Scaramozzino

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