Lettera al direttore

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Ariccia, il drammatico appello di una mamma per salvare il figlio 15enne, affetto da favismo

E' un vero e proprio appello disperato quello che una mamma ha inviato a "Castelli Notizie", nella speranza che la nostra testata giornalistica possa fare da eco al suo grido di dolore, affinché quanto esposto trovi una immediata risoluzione. 

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E’ un vero e proprio appello disperato quello che una mamma ha inviato a “Castelli Notizie”, nella speranza che la nostra testata giornalistica possa fare da eco al suo grido di dolore, affinché quanto esposto trovi una immediata risoluzione. 

“Scrivo a questo giornale – esordisce – per denunciare un fatto molto grave, che mette ogni giorno in pericolo di vita un ragazzo di 15 anni e che sta avvenendo a causa del mancato rispetto della legge da parte del Comune di Ariccia”.

Da qui parte il dettagliato racconto che la donna fa rispetto a quanto è avvenuto nelle ultime settimane, chiamando in causa il responsabile dell’area I del Comune di Ariccia, dal quale si spera possa arrivare la soluzione positiva.

“Il ragazzo – evidenzia la donna – è affetto da una malattia rara comunemente denominata Favismo, che non è come si pensa un’allergia alle fave, bensì un disturbo metabolico derivante dalla mancanza di un enzima, il G6PDH. Nel caso di esposizione alle fave o in presenza di piantagioni non avviene dunque uno shock anafilattico, come nel caso di un’allergia, ma si viene a generare l’esplosione dei globuli rossi che può provocare la morte istantanea o più spesso con un processo degenerativo che dura circa 3 giorni e che può essere interrotto solo effettuando tempestivamente delle trasfusioni di sangue che non sempre vengono recepite dal ricevente. In ogni caso, il malato di favismo che subisce una crisi emolitica dovuta all’esplosione dei globuli rossi, anche nel caso di successo dopo le trasfusioni, dovrà attendere circa 6 mesi affinché i valori del sangue tornino ad un livello normale e nel frattempo avrà le difese immunitarie compromesse rischiando di ammalarsi per qualsiasi cosa. Si può facilmente immaginare cosa significhi questo nel nostro tempo così fortemente segnato dall’emergenza Covid”.

“Fatta questa premessa passo a dire il motivo per cui mi sono dovuta rivolgere ai giornali per essere ascoltata dalle istituzioni. Passando davanti alla scuola frequentata da mio figlio, che si trova nel comune di Ariccia, ho visto che stavano crescendo alcune rigogliose piantagioni di fave. Stupita da questa scoperta ho telefonato alla Polizia Locale per chiedere informazioni e poi in Comune, al referente per il favismo. Quest’ultimo mi ha detto che avrei dovuto fare una comunicazione a novembre 2021 e io gli ho spiegato che a mio figlio è stata scoperta questa malattia nel 2015 e da allora ho fatto la comunicazione solo in occasione del cambio di scuola per il passaggio dalle elementari alle medie e dalle medie alle superiori e che non c’era mai stata necessità di ripresentare la richiesta ogni anno così come mi veniva detto in quel momento. Infatti dal 2015 non avevo mai avuto nessun problema. La legge prevede che il Comune debba emettere un’ordinanza per il divieto di piantare fave e altri tipi di ortaggi, che non sto qui ad indicare, nel raggio di 300 metri dall’abitazione, dalla scuola o dall’edificio lavorativo frequentato dal malato di favismo.

Mi è stato quindi detto che avrei dovuto ripresentare la documentazione per far emettere l’ordinanza e sebbene fosse una richiesta fuori luogo, poiché quella documentazione era già in possesso dell’ufficio preposto, l’ho accontentato inviando, il giorno dopo, ossia il 23 marzo, tramite Pec, una nuova domanda corredata dal certificato medico che attestava la patologia. La risposta del responsabile comunale, tutt’altro che tempestiva, essendo arrivata infatti dopo ben 5 giorni, è stata che il certificato medico, con il quale senza problemi avevo ottenuto le ordinanze precedenti, non era valido e mi invitava a produrre, “con sollecitudine”, un nuovo certificato medico emesso da un fantomatico Dipartimento dei servizi diagnostici dei Poli ospedalieri della Asl Roma 6. Nonostante l’evidente stranezza della richiesta, sia perché fino a 2 anni prima lo stesso certificato era valido sia perché era di un Ospedale pubblico di Albano Laziale e non di uno in Burkina Faso, ho di nuovo eseguito l’indebito ordine per evitare di perdere tempo perché qui, sono certa che tutti l’avranno capito meno che al Comune di Ariccia, bisognava tutelare velocemente la vita di un ragazzo di 15 anni che rischiava di perderla ogni giorno andando a scuola. Così, in data 30 marzo, ho inviato sempre tramite pec il nuovo certificato richiesto e oggi, 8 aprile, non ho ancora ricevuto uno straccio di risposta e le piantagioni di fave si trovano tutte dove stavano il 22 marzo quando ha avuto inizio questa triste storia”.

“Allora io mi domando cosa devo fare, devo andare ad estirparle io, che tra l’altro ho la stessa malattia di mio figlio, oppure il Responsabile comunale, i Vigili ai quali sono state inviate tutte le email e il Sindaco che le ha ricevute anch’egli per conoscenza, decideranno di attuare semplicemente ciò che la legge prevede per tutelare la vita di una persona affetta da una malattia rara, com’è sempre stato dal 2015, senza che nessuno impedisse per superficialità questo diritto vitale?”.

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