Attualità

Velletri – “Regina Pacis”, una nuova chiesa e parrocchia ai piedi del Monte Artemisio

Generico maggio 2022

Lo scrittore Colombo Cafarotti, che proprio nelle alture di Velletri visse la sua fanciullezza, ha intervistato il Vescovo Vincenzo Apicella e mons. Angelo Mancini dopo la posa della pietra augurale e reliquia di San Giovanni Paolo II

“REGINA PACIS” UNA NUOVA CHIESA E
PARROCCHIA AI PIEDI DELL’ARTEMISIO

di Colombo Cafarotti

Una trama di capanne, nere e fumanti, disseminate alle falde di Monte Artemisio, tra lingue di bosco che si insinuavano tra di loro. Sì, perché in quelle capanne coperte con paglia di grano, quando al mattino si accendeva il focolare, rigorosamente al centro della capanna, il fumo le riempiva tutte fino ad altezza d’uomo, poi lentamente cominciava a filtrare all’esterno creando un enorme fumaiolo, che non impressionava nessuno perché tutti sapevano che era normale. In ognuna di quelle capanne abitavano famiglie di cinque, sei, otto, dieci figli!

C’era anche qualche piccola costruzione in muratura, più baracca che casa, chiamata casettola, un monolocale di venti, venticinque metri quadri. In una di queste, con una capanna ausiliare, abitavo io insieme ad altri cinque fratelli il cui numero non era cresciuto perché mio padre era morto prima che scoppiasse la Seconda Guerra Mondiale e non aveva fatto in tempo ad arrotondare.
Lì vissi la mia fanciullezza, tra bombe, proiettili, atrocità e fame. Vidi il paese saltare in aria sotto i bombardamenti, tra nugoli di polvere e detriti, tra urla, gemiti e silenzi, con tanti, tanti morti sotto le macerie; infine la gioia della liberazione. Poi la vita mi perse per le strade del mondo.

Un giorno però tornai ai piedi dell’Artemisio perché il richiamo della fanciullezza prima o poi ti riporta nella terra dove l’hai vissuta. Mi sentii trasecolare, tale fu l’emozione, lo stupore e l’incredulità del paesaggio che si presentò ai miei occhi. L’ambiente era lo stesso, solo che al posto delle capanne c’erano tante case, una più bella dell’altra, eleganti, con lunghi viali alberati, giardini, maestosi cancelli in ferro battuto. E lingue di bosco, ancora.
I ricordi della nostra fanciullezza restano immutati nei più piccoli particolari, ma il tempo passa e tutto si trasforma. Soltanto una chiesetta, donata a suo tempo da due anime pie, era rimasta immutata, umile ma sacra e dignitosa perché dimorata da Dio.

Dopo qualche tempo, retro alla piccola chiesa, sorgeva un imponente edificio religioso: REGINA PACIS, una chiesa, una parrocchia finalmente adeguata al territorio e alle esigenze dei suoi abitanti.
Il progetto e la realizzazione sono dovuti alla volontà e al prestigio della Curia vescovile di Velletri, ma l’iniziativa all’impegno, alla fede e alla costante dedizione di monsignor Mancini, per tutti don Angelo, il sacerdote che da decenni celebrava la messa e aveva cura dei fedeli della storica chiesetta.
Il 25 marzo è stata posta in opera la pietra augurale e reliquia di Papa Giovanni Paolo II. Santo.
Abbiamo chiesto a S. E., mons. Apicella, Vescovo della Diocesi di Velletri:

Eccellenza, cosa significa aver dotato e arricchito la città di Velletri di questa nuova chiesa e parrocchia, Regina Pacis?

“Il significato viene dalla stessa parola “parrocchia”, che vuol dire “vicini di casa”. La “chiesa” è fatta da vicini di casa, sono le persone che abitano vicino e si radunano in un luogo che sta in mezzo alle case. Dato che i veliterni da gran tempo, in molti, hanno smesso di abitare nel centro storico e si sono disseminati nelle campagne adiacenti, che raggiungere le chiese del centro storico è diventato molto problematico, che il luogo di culto di “Regina Pacis” era costituito da opere non solo abusive e provvisorie, ma anche a rischio, che la popolazione parrocchiale supera le 5.000 persone, per tutti questi motivi concreti si è proceduto alla progettazione di questo nuovo luogo di culto. Si aggiunga il fatto, non secondario, che la stessa comunità parrocchiale, fin dal mio arrivo a Velletri, ha manifestato vivamente di avere a cuore la realizzazione di una sua “casa” e che si sono mobilitate forze produttive locali. Questo rende l’opera non superflua e ci ha spinto a progettare un edificio significativo e di adeguato valore architettonico, culturale ed ambientale, che sia testimonianza di una chiesa vivente, che continua a contribuire alla crescita della città e ad essere luogo di aggregazione per tutti, in particolare dove se ne sente maggiormente la mancanza”.

A mons. Angelo Mancini abbiamo rivolto la seguente domanda: Lei che ha curato sin dal nascere lo sviluppo di questo progetto, cosa prova un sacerdote vedendo realizzarsi un sogno di oltre venticinque anni? E qual è il contesto urbano, sociale e demografico in cui si inserisce questa nuova parrocchia, e con quali obiettivi?

“Vorrei chiarire anche in questo spazio gentilmente messo a disposizione dalla vostra redazione che io non sono che un operaio che ha obbedito ad un vescovo nella persona di S.E. Mons. Andrea Maria Erba, il quale avendo tra le città, tra le parrocchie anche la nostra che, pur essendo in una splendida posizione geografica, giaceva in una situazione di grossa difficoltà per la mancanze delle strutture minime necessarie ad assolvere al suo compito, urgeva prendere una decisione: o chiudere ed eliminare la parrocchia o rinnovarla, e si è deciso allora per questa ultima via. Credo sia doveroso dire anche cosa c’è stato prima di tutto questo. Negli anni ’50 del secolo scorso in una proprietà posta di fronte all’attuale parrocchia vi erano delle costruzioni in cui si svolgevano le lezioni per i bambini delle elementari e anche per il catechismo; tra le insegnanti vi era una delle sorelle Amati, donatrici della proprietà dove oggi sorge la parrocchia. La sig.na Maria Amati, raccogliendo anche la preoccupazione di S. Em.za il Cardinale Clemente Micara allora vescovo di Velletri, permette dapprima la costruzione di una piccola chiesa per assicurare la santa messa domenicale, successivamente le sorelle Amati donarono alla diocesi tutta la proprietà costituita da un terreno, da un piccolo caseggiato rurale e un tinello e nel 1971 tutta questa proprietà formava la struttura della nuova parrocchia Regina Pacis eretta giuridicamente e canonicamente. La zona di competenza della parrocchia si estende da Via del Ponte Bianco, Via Lata fino a Via degli Arcioni lato sinistro e comprende tutto lo specchio degradante sulle pendici del monte Artemisio.

Recentemente la diocesi ha rivisto i confini della parrocchie della città assegnando un’altra porzione di territorio in un riquadro che va da Via Morice a Via Monte Moricone e Via Formellonzi raggiungendo il numero di 5425 abitanti, su una superficie abitata di circa 8,5 kmq. In questa porzione del territorio cittadino la densità di popolazione ovviamente si diversifica per zone e strade. Dal gennaio 1999 sono stato mandato come parroco proprio per dare una risposta all’esigenza di una parrocchia accettando diverse difficoltà come appunto non avere spazi necessari per l’abitazione sul luogo; ho sopperito temporaneamente con la costruzione di luoghi per l’accoglienza, tutte cose che ora sono state eliminate per lasciare spazio al nuovo progetto. Nel frattempo non abbiamo abbandonato i nostri impegni pur trasferendo le attività presso i locali e la chiesa dei “Frati Azzurri”. Da allora abbiamo avuto ogni anno circa un centinaio di bambini al catechismo, abbiamo i corsi per le coppie, la pastorale generale, abbiamo istituito la caritas parrocchiale, attualmente assistiamo più di cinquanta famiglie. Per concludere e rispondendo alla domanda cosa provo, posso dire che i sacrifici, le difficoltà e anche la ferma volontà di assolvere al compito che mi era stato dato, pur avendo avuto la possibilità di accettare altri incarichi, oggi trovano una risposta: consegniamo alla città e al territorio parrocchiale un’opera di cui presto si apprezzerà il valore”.

Anche questa è una favola moderna, di vita, di opere e di fede.

Regina Pacis Velletri
Regina Pacis Velletri

 

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