Cronaca

Processo Lavinia Montebove, oggi la terza udienza a Velletri: “L’asilo nido era una struttura fantasma”

Lavinia Montebove

Nella mattinata odierna, presso il Tribunale di Velletri, si è tenuta la terza udienza del processo finalizzato a ricostruire quanto accaduto il 7 agosto del 2018, nel parcheggio del nido famiglia “La fattoria di mamma Cocca” di Velletri, quando la piccola Lavinia Montebove, che allora aveva appena 16 mesi, venne investita gravemente, riportando ferite per le quali si trova da allora in uno stato di minima coscienza.

Oggi Lavinia, che ha 5 anni, vive in stato vegetativo senza possibilità di guarigione e secondo l’accusa portata avanti dal pubblico ministero Giovanni Taglialatela, lo stesso che ha chiesto l’ergastolo per i fratelli di Artena coinvolti nell’ambito del processo per l’omicidio del giovane Willy Monteiro, la maestra Francesca Rocca avrebbe abbandonato Lavinia nel parcheggio dell’asilo (da qui l’accusa di abbandono di minore) e la piccola sarebbe stata successivamente investita dalla macchina guidata da una mamma, accusata di lesioni colpose gravissime.

Entrambe presenti in aula, come anche i genitori della piccola, Massimo Montebove e Lara Liotta, con il loro legale Cristina Spagnolo. Il pm è Giovanni Taglialatela e la giudice Eleonora Panzironi.
Sono stati sentiti oggi i primi operanti intervenuti sul posto subito dopo l’accaduto.

Ha riferito, come riportato nel suo verbale, di “tracce ematiche in terra nell’immediatezza dell’ingresso e in prossimita’ del cancello”, l’ispettore Moreno Corelli, poliziotto e primo testimone audito che ha descritto l’asilo frequentato dalla piccola come una struttura alla quale, come da suoi accertamenti, “mancavano molte autorizzazioni: non risultava agli atti dell’ufficio del Comune di Velletri alcun documento sul nuovo regolamento dei nidi famiglia e nemmeno all’Asl Roma 6 un documento con un parere igienico sanitario”, ha dichiarato.

Nello stesso giorno venne disposto il sequestro della struttura e lo stesso poliziotto ha riferito che “Francesca Rocca, la maestra titolare contraente del contratto di assicurazione, aveva un contratto di locazione che risultava a titolo personale e abitativo”. Sempre lo stesso test ha risposto alle domande riferendo che non risultavano partita iva e codice fiscale.

Per quanto concerne la struttura, nell’udienza di questa mattina l’avvocata della difesa delle due imputate, Anna Scifoni, ha replicato all’agenzia Dire: “Il nido famiglia – ha dichiarato – è una struttura la cui attività viene svolta da una persona abilitata, come è la mia cliente, in una struttura familiare e può svolgersi in un’abitazione normale che non ha bisogno di idoneità. Il regolamento del comune di Velletri è del luglio 2017 ed è subentrato quando la struttura era già aperta e il 3 gennaio 2018 l’ordinanza emanata non è mai stata portata a conoscenza né notificata alla titolare, mia cliente”.

Inoltre, l’avvocata della difesa ha aggiunto: “Il poliziotto in aula ha detto ‘mi sono limitato ad acquisire le delibere’, ma ripeto la struttura non ha la necessità di un codice fiscale autonomo o Partita iva. Si tratta di strutture amicali e la maestra titolare poteva fare ricevute a suo nome, senza necessità di persona giuridica. E’ una scelta educativa dei genitori. Si chiama nido famiglia per questo. Come se una baby sitter tenesse i figli a casa”, ha puntualizzato l’avvocata Scifoni.

E’ stato poi ascoltato Antonio Agostinelli, all’epoca dei fatti nella Polizia stradale di Albano, intervenuto sul posto per i primi rilievi, che ha confermato di aver visionato personalmente l’autovettura dell’investitrice e ha parlato di “tracce freschissime, incisioni, graffi e tracce ematiche sulla parte anteriore destra dell’autovettura” che ha dichiarato di aver visto, mentre “non c’erano tracce di frenata”.
Nessuna domanda per Oreste Cipriani della Polizia Scientifica.

Il quadro emerso è quello di una struttura che alle verifiche presso gli uffici comunali di riferimento non risultava aver risposto al nuovo regolamento del comune di Velletri, come riferito dal test in aula e che per la difesa non aveva ricevuto notifica delle nuove regole. La retta dell’asilo, come hanno riferito i genitori alla Dire, era comunque in linea con quella degli asili privati: “Oltre 300 euro”.

“Quello che è emerso oggi in aula dalla testimonianza dei poliziotti che hanno svolto i primi atti e avviato le indagini è che la struttura era un asilo fantasma. Al Comune non era stata presentata alcuna Scia, così come previsto dal regolamento del 2017, nessuna comunicazione è mai arrivata agli uffici Asl competenti, non era registrata all’Agenzia delle Entrate con autonomo codice fiscale ed esercitava in uno stabile locato ad uso abitativo. Con queste premesse nessuna Amministrazione avrebbe potuto esercitare alcuna forma di controllo sull’idoneità, dal punto di vista igienico sanitario e della sicurezza”. Lo ha dichiarato a margine della terza udienza di primo grado, svoltasi stamani al tribunale di Velletri, l’avvocato Cristina Spagnolo, legale della famiglia della piccola Lavinia Montebove, investita da un’auto, il 7 agosto del 2018, quando aveva appena 16 mesi, nel parcheggio dell’asilo. Oggi Lavinia, che ha 5 anni, vive in stato vegetativo senza possibilità di guarigione.

La prossima udienza è in programma per il 6 giugno, mentre le imputate saranno ascoltate il 27 dello stesso mese. La calendarizzazione spedita fa sperare ai genitori della piccola che sia scongiurato lo spettro della prescrizione.

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