Cultura

Lanuvio, “La scorta di Enrico. Berlinguer e i suoi uomini”, il libro di Telese presentato a Campoleone

Si è tenuta nella mattinata di domenica 29 maggio, presso il Centro Sociale Polivalente di Campoleone (Lanuvio), la presentazione del libro “La scorta di Enrico. Berlinguer e i suoi uomini: una storia di popolo” di Luca Telese, giornalista, scrittore, conduttore e opinionista italiano. 

L’evento, nato in occasione dei compleanni di Berlinguer (25 maggio 1922) e di Dante Franceschini (28 maggio 1921, facente parte della scorta e attivista politico proprio a Campoleone, la sua “patria adottiva”) è stato organizzato dall’associazione “Casa Gramsci”, dall’associazione culturale “Pane e Rose” e da “Lanuvio Futura”, la lista civica sostenitrice della candidata sindaco Ilaria Signoriello, presente all’iniziativa. 

Il saggio, riguardante l’iconico politico e gli individui facenti parte della sua scorta, è una testimonianza scritta di lotta e di ideali. Vi sono impresse le parole, i ricordi di coloro che hanno vissuto a fianco del Segretario Generale del PCI. Le loro dichiarazioni: il combattere assieme mossi da valori unitari e non per mero dovere lavorativo. Vi sono le descrizioni di giornate feriali impietose, che fossero di operai, braccianti o mondine, che sembrano distanti nel tempo, eppure realtà concrete che succedevano fino a pochi decenni fa. Realtà, al giorno d’oggi, non più esistenti in Italia perché ci sono stati uomini e donne che hanno combattuto, dando anche la Vita, affinché venissero riconosciuti Diritti Umani ai lavoratori. Un passato che è doveroso che venga conosciuto soprattutto dai giovani affinché comprendano il valore della Libertà, che non la considerino come un qualcosa di scontato e che continuino sempre a vigilare affinché non venga perduta e che si rimembrino che “i diritti non li regala nessuno”. 

“Nella fabbrica [in cui lavoravo e in cui gli operai dovevano reggere i ritmi imposti da una macchina] – ha raccontato Roberto Bertuzzi, anch’egli facente parte degli “uomini di Berlinguer” – c’erano soprattutto molte donne. Una volta, facemmo un sondaggio in anonimo. Per sapere lo stato di salute degli operai. Tutte le donne soffrivano di [gravi mali] causati dalle condizioni disumane del lavoro. Alla fine, riuscimmo a togliere il motore e le donne [ebbero un regime lavorativo più mite] ed ebbero, finalmente, anche il tempo di poter svolgere delle pause per bisogni primari, come il dover andare al bagno. 

Noi operai eravamo milleottocento e [ci servivamo da soli per mangiare]. Gli impiegati, invece, mangiavano ai tavolini serviti. Pertanto, c’era una divisione. Un giorno, il principale decise di licenziare quarantacinque impiegati. Noi, operai, decidemmo di indire un’assemblea e uno sciopero. Ci perdemmo molto: tempo, soldi, energie. Alla fine, il padrone riassunse le persone licenziate. Gli impiegati, di loro spontanea volontà, vennero a mangiare assieme a noi. La nostra era una lotta di classe”.    

“Mio padre era mosso da grandi ideali e quando morì, a 93 anni, pensò che tutto quello che aveva fatto, nonostante ci fossero i segnali che alcuni problemi [della società ancora] non fossero stati risolti, non era stato inutile. – ha dichiarato la figlia di Dante Franceschini, Sonia, accompagnata dalla madre Adelina – Aveva una grande, grandissima speranza verso i giovani, tant’è che lui la sua ultima tessera l’ha fatta con l’associazione “Libera” proprio perché furono i giovani a coinvolgerlo. Anche con i nipoti, mio padre ha sempre avuto un rapporto basato sulla speranza, ma nello stesso tempo anche di lotta! [Ci ha insegnato che] tutte le cose te le devi conquistare: non arrivano mai da sole e bisogna fare sempre la differenza! Questa era una cosa importante: diceva sempre che ognuno di noi poteva fare la differenza. Che si può sempre scegliere da che parte stare, in qualsiasi situazione, anche se non è la più comoda. Anzi, soprattutto se non è la più comoda. Questo era il suo messaggio”. 

“Voglio oggi parlare di Dante, un elogio al passato pensando al futuro! – ha esordito, commosso, il Consigliere di Direttivo dell’associazione “Pane e Rose” Umberto Saleri – Dieci giorni prima che morisse, come associazione, tenemmo un’iniziativa contro la mafia. C’erano molti ragazzi e lui mi diceva [di come fosse contento dell’evento] perché vedeva nei giovani, che hanno una nuova modalità di comunicazione, [la speranza]. Dante era proiettato al futuro, partecipava a tutte le iniziative possibili perché diceva che, per il futuro, era importante partecipare! Inoltre, per lui era fondamentale il senso di Unità! Se oggi fosse qui, sarebbe molto contento perché qui a Lanuvio si è riusciti a dare vita all’Unità! Dal Centro alla Sinistra. L’Unità era il fulcro del suo ragionamento e noi dobbiamo prendere questi esempi [di Dante e dei suoi compagni] guardando al futuro e partecipando in modo unitario”.

“Io sono nata nell’Ottanta, ma ho vissuto [queste vicende] attraverso le memorie di mio padre. – ha affermato la candidata Signoriello, ricordando la figura “straordinaria” di Berlinguer – Ci ha insegnato come saper rappresentare alcuni tipi di persone, le fragilità, la capacità di saper guardare alle persone più umili. Berlinguer era il simbolo di un riscatto possibile, per quelli che solitamente vengono lasciati ai margini, i lavoratori, le persone più umili, le persone che stanno in difficoltà”. 

Signoriello ha ribadito come sia necessario saper interpretare anche nel presente il messaggio divulgato dal politico italiano: “Un messaggio che vive nei tempi e vive nelle memorie: mio padre era lì, assieme ad altri compagni, ad alzare la fotografia sul palco [il giorno del funerale di Berlinguer]. Un giorno che lo ha segnato in tutta la sua vita. Lo raccontava come un grande sogno di un riscatto di una persona che aveva saputo interpretare il grande desiderio di tutte le persone umili che si rispecchiavano all’interno di un messaggio politico. Un messaggio che guardava ad una prospettiva che metteva al centro la giustizia attraverso il lavoro, attraverso l’impegno, attraverso lo sporcarsi le mani”. L’intervento si è concluso con l’augurio che la nuova generazione di politici possa apprendere quanto lasciato da Enrico Berlinguer.    

“Ritengo che il comun denominatore di tutti gli elementi [approfonditi da Telese] sia l’estrema attualità. – ha commentato Andrea Sonaglioni rappresentante dell’associazione “Casa Gramsci” e collaboratore del giornalista – [Tra i vari argomenti, è trattato il tema del]la Pace. [Ad un comizio che Berlinguer tenne a Firenze], se si cambiasse la parola “Unione Sovietica” con “Russia”, [verrebbe fuori un discorso legato ai giorni nostri], che tutti gli Italiani vorrebbero ascoltare [in nome della Pace] e contro la tendenza bellicistica delle Nazioni scollate dalle proprie popolazioni. Come si dice: sono sempre le classi dirigenti che poi mandano in guerra “i poveracci”. Un altro tema di grande attualità: il desiderio che torni questa grande consapevolezza di essere parte di una comunità più larga! Essere consapevoli che bisogna interessarsi in maniera solidale del prossimo, di tutti coloro che incontriamo durante il nostro percorso di vita”. Sonaglioni ha concluso parlando dell’attentato contro Togliatti nel luglio del 1948 per descrivere l’atmosfera del periodo.  

“Gli uomini di Enrico erano dei militanti e non avevano, non avrebbero accettato e non accettarono altri lavori, anche più retribuiti, perché il loro compito era importante e mosso da valori. – ha dichiarato in esclusiva Luca Telese – Erano persone molto umili, venivano da storie incredibili. Dante, che era un cittadino onorario di Campoleone, era un ragazzino durante il fascismo. Era cresciuto nel clima incredibile del regime, nelle case popolari. Ha raccontato addirittura del senso di controllo sociale che il fascismo esercitava. Tramite azioni come il costringere a pagare cinque lire coloro che volessero farsi una doccia [nelle dimore popolari c’erano i bagni in comune e si poteva usufruire delle docce una volta a settimana, pagando]. Il motivo non era il guadagnare dei soldi, ma dare la sensazione che il regime fosse ovunque! Vi era, inoltre, un altro messaggio: tu, povero, dovevi rimanere “sporco”, era quello il tuo destino. Se ti fossi permesso di “pretendere” di lavarti, saresti stato una sorta di sovversivo e dovevi quindi essere punito in un qualche modo. Questi discorsi, queste testimonianze, sono estremamente preziose. Storie di persone che sono cresciute nella Resistenza [ad esempio Lauro Righi da Modena]. 

Ci sono storie di genti che hanno vissuto le fabbriche degli anni Settanta, come Roberto Bertuzzi. 

Gli uomini della scorta erano uomini che inventavano letteralmente un nuovo modo per proteggere Berlinguer [e, dopo le vicende di Moro, inventarono da soli un sistema ingegnoso per proteggere il politico]. La famiglia di Berlinguer e le famiglie della scorta diventarono una sola, allargata. Partivano in vacanza insieme, brindavano insieme a Pasqua, festeggiavano a Frattocchie [Marino] perché militarmente proteggibile. Le rispettive figlie [diventarono amiche], erano uniti [a prescindere da chi avesse un’origine borghese e chi un’origine proletaria]. Vi è un aneddoto divertente, raccontatomi dalla figlia di Lauro [Righi]: ebbe una litigata furibonda con la madre, poiché voleva tornare alle dieci e mezza quando usciva. La ragazza replicò che Bianca e Maria [le figlie di Berlinguer] tornavano a quell’ora. La madre, allora, rispose tosta “Lui potrà anche fare il leader nel Partito Comunista, ma a casa mia comando io!”. La testimonianza di questa “contaminazione” [tra famiglie tanto diverse ma unite dai medesimi ideali]”. 

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