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L’amarezza di Carla Centioni (Ponte Donna): “In Parlamento soppressa la differenza di genere, il linguaggio solo al maschile”

CArla Centioni

Nei giorni scorsi l’aula del Senato ha respinto un emendamento teso a richiedere la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta. La proposta ha ottenuto 152 voti favorevoli, non sufficienti a raggiungere la maggioranza assoluta necessaria per questo tipo di votazioni.

L’emendamento prevedeva che “il Consiglio di Presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”. 

Quanto accaduto non ha lasciato insensibile Carla Centioni, Presidente dell’Associazione Ponte Donna. “In Parlamento la A che indica la differenza di genere viene soppressa il linguaggio usato sarà solo al maschile. ‘Se non mi nomini non esisto’ citava Simone de Beauvoir”.

carla centioni

Carla Centioni ha raccontato quanto segue:

“Arriva una delle migliaia di telefonate in un centro antiviolenza gestito da Ponte Donna.
Pronto – ha chiamato per caso mia sorella Maria?
– Si ha chiamato, le abbiamo dato un appuntamento.
– No, non basta, dovete ospitarla è urgente subisce violenza – prosegue – vi prego, la nostra famiglia non può un’altra volta essere distrutta – prosegue raccontando…. – anni fa (2009) mia sorella, la più grande è stata fatta a pezzi e buttata nei cassonetti dell’immondizia.

Terminata la telefonata, sconcertata dal racconto, andai su Google e trovai un articolo di Repubblica dal titolo – DEVI ESSERE SOLO MIA – FA A PEZZI LA SUA AMANTE – Assassinata a pugnalate, fatta a pezzi con un’accetta. I resti del cadavere infilati in un cassonetto – questo il sottotitolo.

L’articolo di Repubblica proseguiva:
– entrano a fatica le gambe, le braccia, quel viso ancora giovane, in quattro sacchi di plastica nera. Spazzatura, immondizia da buttare via. Uno finisce nel contenitore di Piazza Garibaldi, in pieno centro, tre a margine di una strada, sotto una balconata, tra i resti archeologici…. Siamo in provincia di Roma, l’assassino è un italiano, dovrei dire è un uomo.

Poi altre…..
• Jessica 20 anni uccisa con 40 coltellate, il doppio dei suoi anni, l’assassino ha tentato di bruciare il suo corpo.
• 2018 Pamela Mastropietro 18 enne uccisa e fatta a pezzi, il corpo smembrato è stato trovato in due trolley abbandonati nelle campagne di Pollenza, nel Maceratese.
• 2016 Sara Di Pietroantonio bruciata viva alla Magliana.

La lista è lunghissima, infinita, non fa più notizia, come l’ultima donna uccisa l’altro giorno a Cadogaro. Uccise ammazzate e invisibilizzate dalla stampa. Notizie divenute insopportabili, dove anche il racconto tossico dell’omicidio passionale che spinge l’uomo ad uccidere la moglie è normalizzato, così come nell’Opera della Carmen, il Don José, preso da una passione folle, nel momento in cui si rende conto che tutto è finito e non potrà più averla, la uccide.

Anni e anni, più di 20 ormai che i centri antiviolenza parlano di violenza strutturale che si annida nella cultura secolare fatta dagli uomini in funzione dei loro bisogni. La paura di perdere una briciola di potere sta tutta li, in quella A che anche il Parlamento ha rifiutato facendo finta che non esista.

Era il 1987 quando Tina Anselmi, presidente della Commissioni Pari Opportunità e non una estrema femminista, parlava di linguaggio sessista. Alla fine degli anni 90 l’allora Direttore dell’ANSA Sergio Lepri ci parlava di quanto la lingua risponda alle trasformazioni dei comportamenti e si appellava alle testate giornalistiche per un impegno convinto e responsabile dando rilievo a quelle radiofoniche e televisive che si rivolgono a un più largo universo di utenti.

Ora l’Aula del Senato ha respinto l’emendamento della senatrice Maiorino che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta.

152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti. Ora possiamo affermare di essere un Paese arretrato, un Paese che non ha la volontà di combattere la violenza maschile sulle donne perché le donne rappresentano quei corpi fastidiosi che non vanno solo umiliati e picchiati ma soppressi fatti a pezzi, annullando il loro diritto di esistere”, conclude amareggiata Carla Centioni, Presidente dell’Associazione “Ponte Donna”.

 

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