Cultura

“Io sono Antonietta”, Giuseppe Reina racconta la storia della “decapitata di Castel Gandolfo”

Antonietta Longo Lago Albano

Nel luglio di quest’anno, Giuseppe Reina ha pubblicato, con Algra Editore, il libro “Io sono Antonietta”. Giuseppe Reina è il pronipote di Antonietta Longo, nota alle cronache come “la decapitata di Castel Gandolfo”. Il 5 luglio 1955 fu, infatti, vittima di un fatto di cronaca nera avvenuto al Lago Albano.

“Non è mio desiderio fare alcuna attività di promozione editoriale – ha scritto Giuseppe Reina mostrando sui social la copertina del suo lavoro –. Ho rinunciato a qualsiasi diritto su questo libro, in quanto Antonietta Longo, la decapitata di Castel Gandolfo, era la mia prozia. Ho scritto questo libro recuperando le informazioni della famiglia Longo, offrendo una visione ‘alternativa’ dei fatti accaduti, che furono certamente raccontati in maniera distorta dai mass media dell’epoca”.

Antonietta Longo, nata a Mascalucia (CT) il 25 luglio 1925, era una domestica in servizio a Roma. Il 10 luglio 1955 il meccanico Antonio Solazzi e il sagrestano Luigi Barboni, a diporto in barca sul Lago Albano, scoprirono un cadavere femminile decapitato, nudo (con un orologio al polso), in stato di decomposizione ormai avanzato e coperto, per la parte superiore, da una copia del Messaggero del 5 luglio di quell’anno.

Solazzi e Barboni decisero solo il 12 luglio di avvertire le Forze dell’Ordine, le quali accertarono che la donna era stata accoltellata ripetutamente all’addome e alla schiena e, infine, decapitata. La testa non fu mai ritrovata e l’autopsia eseguita sul suo cadavere rilevò, oltretutto, un aborto recente. Il medico legale osservò che la decapitazione era avvenuta con una tecnica nota, probabilmente, solo a un medico o a un esperto di anatomia, al punto che non si è mai escluso che a uccidere la povera Antonietta Longo sia stato proprio un medico.

A permettere l’identificazione del corpo con quello della giovane domestica fu l’orologio trovato al polso della donna, un modello di marchio Zeus prodotto in soli 150 esemplari: le ricerche svolte presso gli orafi di Roma e dintorni, confrontate con le denunce di scomparsa presentate in quei giorni, permisero di risalire ad Antonietta Longo, che risultava non più tornata presso il domicilio della famiglia Gasparri, dove lavorava.

Le indagini sono proseguite per anni e hanno rivelato alcuni particolari: ad esempio, si è scoperto che Antonietta aveva chiesto un mese di permesso, prelevato tutti i suoi risparmi e depositato alla stazione Termini una valigia con un corredo nuziale. Tuttavia, non si è mai risaliti al suo promesso sposo. Così come, soprattutto, non si è mai risaliti alla persona che pose fine alla sua giovane vita. Si è persino pensato che, dopo la decapitazione, l’assassino abbia sciolto la testa nell’acido per evitare qualsiasi possibilità di identificazione.

Il delitto è, dunque, ancora oggi un crimine irrisolto. Nel giugno 2019 la Rai gli ha dedicato una puntata del programma “La Storia siamo Noi. L’orologio e altri oggetti appartenuti alla vittima, invece, sono conservati tuttora presso il Museo Criminologico di Roma.

“In Sicilia abbiamo fatto già diverse presentazioni del libro – ci ha detto Giuseppe Reina, che abbiamo raggiunto telefonicamente -, spero di riuscire a farne una a Castel Gandolfo, sarebbe il massimo. Ho già tutto approntato, foto, slides e video, e a Roma posso venire senza alcun problema. Ho bisogno solamente di una sala e di un videoproiettore”.

Quanto alla storia della sua prozia, “molte ricostruzioni che si trovano in giro sono assolutamente sensazionalistiche – ha aggiunto -. Il mio libro è il primo in assoluto che cerca di fare un po’ di ordine rispetto alla pletora di notizie che circolano su Antonietta Longo. In esso formulo delle ipotesi concrete, basate anche su fatti documentali, per avvicinarmi il più possibile alla realtà dei fatti”.

“Confrontandomi anche con mio padre, mi sento di dire che molto di quanto è stato raccontato fino a oggi è esagerato: per esempio, il Lago Albano non sarebbe, secondo noi, il luogo del delitto, ma solo quello del ritrovamento. Probabilmente – ha concluso -, quella legata al Lago Albano è una ricostruzione, una vera e propria messinscena per far credere che si sia trattato di un delitto passionale. Certo, la verità assoluta su questa vicenda non la sapremo mai…”.

Io Sono Antonietta Libro
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