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“Viaggiatrici nel mondo”, a Velletri protagoniste la cultura e le storie delle donne migranti video

“Viaggiatrici nel mondo”, protagoniste a Velletri la cultura e le storie delle donne migranti

Nel pomeriggio di giovedì 15 dicembre un tripudio di colori vivaci, oggetti antichi, sapori speziati, profumi inebrianti e melodie esotiche ha trasportato la Sala Tersicore del Comune di Velletri dall’altra parte del mondo.

Protagoniste di questo affascinante viaggio interculturale nei Paesi del Nordafrica e del Medio Oriente le donne migranti e le loro figlie, che in occasione dell’incontro “Viaggiatrici nel mondo. Cibo, costumi, musica e storie migrazione”, promosso dalla Caritas diocesana di Velletri – Segni con il patrocinio del Comune di Velletri, hanno condiviso con il pubblico presente un assaggio della propria cultura e delle proprie tradizioni.

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Termine non casuale perché all’incontro è seguito un ricco banchetto a buffet con primi, secondi, bevande e dolci preparato proprio da loro, seguendo le ricette tipiche dei propri Paesi di origine.

“Viaggiatrici nel mondo. Cibo, costumi, musica e storie migrazione” nasce dall’idea di far conoscere ai cittadini di Velletri il laboratorio di lingua italiana “I care”, promosso dalla Caritas diocesana di Velletri – Segni, e il bagaglio umano e culturale che ciascuna delle donne che in esso ha trovato uno spazio per raccontarsi e confrontarsi con altre donne straniere si porta dietro. I Paesi del mondo rappresentati sono stati Marocco (etnia araba e berbera), Egitto, Siria e Tunisia.

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Dopo i saluti istituzionali della Vicesindaca e assessora all’Integrazione e ai Servizi Sociali Giulia Ciafrei, sono intervenuti: il Vescovo della diocesi di Velletri-Segni Mons. Stefano Russo, il direttore della Caritas diocesana di Velletri Don Cesare Chialastri, l’insegnante del laboratorio “I Care” della Caritas e presidente dell’associazione di promozione sociale “Taika” Kaadija Klaji e alcune donne migranti che partecipano al progetto e hanno condiviso con i presenti il racconto della propria esperienza. L’incontro è stato moderato dalla responsabile del centro di ascolto della Caritas diocesana Emanuela Nanni.

Il laboratorio “I care” della Caritas vuole favorire l’integrazione delle donne straniere attraverso l’apprendimento della lingua italiana, il confronto con altre donne migranti e la creazione di legami di sorellanza all’interno delle comunità. Inoltre, “la partecipazione delle donne nel laboratorio di italiano ha trainato l’integrazione anche degli altri membri della famiglia”, come ha spiegato la responsabile del centro di ascolto della Caritas Emanuela Nanni.

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“Viviamo un momento politico un po’ particolare in cui c’è diffidenza verso chi è originario di Paesi diversi, anche se abita qui magari da più di dieci anni. Io invece penso che siamo tutti cittadini e cittadine di questo territorio, non importa la provenienza. Tutti siamo chiamati a migliorare nel nostro piccolo la città dove viviamo perché dove ci sono servizi, dove c’è accoglienza e dove c’è comunità, le comunità stanno bene.”, ha esordito la Vicesindaca Giulia Ciafrei, sottolineando l’impegno da parte dell’Amministrazione della città di Velletri nella direzione dell’accoglienza e dell’integrazione delle comunità etniche e religiose del territorio.

Poi, ha aggiunto: “Suggerisco di organizzare il prossimo evento all’aperto, magari in primavera, così potranno assistervi non solo le persone già interessate a conoscere l’altro, ma anche chi si trova di passaggio. La piazza è il luogo della comunità ed è importante conoscere e comprendere anche le festività e le tradizioni degli altri”.

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Integrazione significa anche “avere la possibilità di farsi capire e farsi conoscere” e in questo la conoscenza della lingua del Paese di residenza rappresenta un fattore determinante, come ha spiegato Mons. Stefano Russo, Vescovo della diocesi di Velletri-Segni: “Nel discorso sulle migrazioni si parla spesso di ‘inculturazione’, perché non basta solo accogliere le persone che provengono da altri Paesi ma bisogna anche favorire la loro “inculturazione”, intesa come un processo a senso unico, in cui chi viene da fuori deve imparare e in qualche modo acquisire le tradizioni italiane. Io, invece, penso che l’inculturazione sia un processo a doppio senso”.

“La vostra presenza qui, ­— ha affermato rivolgendosi direttamente alle “viaggiatrici nel mondo” protagoniste dell’evento, – è la dimostrazione che quando ci si incontra positivamente avvengono cose belle, e si scopre che la diversità dell’altro, al di là del fatto che non intercetta il tuo vissuto particolare, diventa una ricchezza, e poterla conoscere un modo per creare relazioni”. “La non conoscenza dell’altro, invece, crea diffidenza e favorisce lo sviluppo di posizioni estreme che rendono difficile l’incontro”, ha chiosato il Vescovo.

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L’incontro “Viaggiatrici nel mondo. Cibo, costumi, musica e storie migrazione” è proseguito con l’intervento del direttore della Caritas diocesana di Velletri Don Cesare Chialastri, il quale ha sottolineato come, spesso, quando si interagisce con persone straniere, le differenze linguistiche ostacolino la comunicazione, rendendo indispensabile la presenza di un interprete. Il laboratorio di italiano per donne migranti si propone di superare questa barriera per favorire la conoscenza e l’ascolto. Sono state scelte le donne come destinatarie del progetto perché esse occupano un ruolo di primo piano nella gestione della vita familiare e sociale all’interno e all’esterno della propria comunità di riferimento.

Il linguaggio, ha spiegato, non è fine a se stesso. Non bisogna quindi concentrarsi sulla correttezza grammaticale o sintattica del discorso di una persona ma sulla comprensione di ciò che ha da dire.  Perché “dietro una parola, anche sbagliata, c’è una storia ed è una storia molto più grande delle parole che cercano di raccontarla. Le parole diventano uno strumento per trasmettere emozioni, storie, convivialità, integrazione”.

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Nel laboratorio, quindi, si realizza uno scambio di doni immateriali, eppure, di grande valore: “Si offre un piccolo servizio per imparare una lingua e si riceve in cambio una storia”.

La conoscenza della lingua italiana, spiega, è un grande aiuto nello svolgimento delle pratiche quotidiane di una persona come “andare a fare la spesa, parlare con gli insegnanti, rivolgersi alla Asl… senza di essa diventa molto complicato farsi capire perché è difficile trovare qualcuno che sappia l’arabo, per esempio”. Ma la parola diventa anche un veicolo per raccontare la propria storia e la propria cultura a chi non la conosce, e da questo contatto ne esce arricchito sul piano culturale e umano.

Successivamente, l’insegnante del laboratorio “I Care” della Caritas Kaadija Klaji ha dato voce alla lettera di Roula, di nazionalità siriana, scappata dal suo a causa della guerra. Una volta arrivata qui in Italia, Roula si è trovata di fronte a molte difficoltà come la lingua, il lavoro e la casa, ma grazie al laboratorio di italiano ha conosciuto persone che l’hanno aiutata tantissimo in circostanze anche molto difficili. A un certo punto, infatti, era stata sfrattata dall’abitazione dove viveva, ma con l’aiuto della Caritas e della Vicesidaca Giulia Ciafrei è riuscita a trovare una nuova sistemazione.

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“Grazie all’Italia, – ha concluso Klaji, – Roula può vivere in pace, i suoi figli possono frequentare la scuola senza dover sentire spari e bombardamenti. Grazie a tutti per l’aiuto che ci avete dato, grazie all’Italia”.

Poi, la stessa Roula ha preso la parola con l’ausilio dell’insegnante, che ha tradotto in simultanea: “Sono venuta in Italia per salvare i miei figli, ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato e mi hanno dato una mano”.

Anche la presidentessa dell’associazione di promozione sociale “Taika” ha raccontato la sua storia. Il suo amore per il Bel Paese è iniziato ben prima di arrivare qui perché il papà, emigrato in Italia, le portava il caffè, le caramelle “Rossana”, i bagnoschiuma… “Roma è la mia città preferita, la lingua italiana per me è la più bella del mondo”, ha detto. Tutta la sua famiglia ha chiesto e ottenuto la cittadinanza italiana tranne lei, che non ha un reddito proprio, ma questo non le impedisce di sentirsi italiana e tifare l’Italia anche ai Mondiali.

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Klaji ha spiegato che la sua associazione, “Taika a.p.s”, è nata dalla volontà di favorire l’integrazione delle donne e renderle protagoniste: “Perché siamo state sempre escluse dagli eventi e dai progetti interculturali”. Poi, ha aggiunto: “Il logo della mia associazione è una donna che tiene un libro al contrario. L’ho dedicato a mia madre, una persona analfabeta che è riuscita tuttavia a far studiare tutti i suoi figli e a farli laureare, supportandoli nello studio pur non sapendo né leggere né scrivere. Si rendeva conto che avevi studiato dai tuoi atteggiamenti e dalle espressioni del viso. In questo laboratorio, abbiamo donne analfabete, anche molto grandi di età, che hanno tantissima voglia di imparare. Pensate che una ha 80 anni e un’altra una settantina!”, ha concluso la presidente dell’associazione di promozione sociale “Taika”.

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Infine, è stata ascoltata la simpatica storia di una signora marocchina residente da anni a Genzano, Aicha Nouzane, che proprio nel comune castellano ha conosciuto il suo compagno e che si è trovata a dover imparare non solo la lingua italiana ma anche il dialetto per poter comunicare con i parenti di lui.

Per concludere in bellezza l’evento “Viaggiatrici nel mondo. Cibo, costumi, musica e storie migrazione”, le donne migranti e le proprie figlie, che per l’occasione hanno indossato sgargianti abiti da cerimonia (tra cui gli indumenti tradizionali marocchini Djellaba e Kaftan), si sono esibite in canti e danze rituali. Un’atmosfera di festa e di gioia che ha inondato il palazzo del Comune.

“Viaggiatrici nel mondo”, protagoniste a Velletri la cultura e le storie delle donne migranti

Sulla tavola imbandita per l’occasione non potevano mancare il Cuscus, la Seffa (variante dolce), il Tajine (a base di carne o pesce) e l’Harira (zuppa) marocchini, i siriani Chakriya (a base di riso), il Mujadara (a base di lenticchie e riso/burgur) e Baklava (rotolini dolci di frutta secca), l’insalata grigliata tunisina e l’egiziano Mahshi (a base di verdure e peperoni).

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Queste sono solo alcune delle numerose pietanze tra primi, secondi e dolci tipici offerte ai presenti. Infine, è stato servito agli il tè tradizionale aromatizzato alla menta. “Viaggiatrici nel mondo. Cibo, costumi, musica e storie migrazione” si è concluso con gli ultimi balli e un velo di nostalgia per la propria terra di origine e i parenti lontani.

 

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