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7 anni fa la terra tremò: cumuli di macerie e morti innocenti per il terremoto ad Amatrice, Accumoli ed Arquata del Tronto

Italy, Amatrice,  August 24, 2016 earthquake in Amatrice

Nella prime ore del 24 agosto 2016, quando era ancora buio, un terremoto di magnitudo 6.0 colpì diversi paesini dell’Italia centrale, causando distruzione e perdita di vite umane, coi paesi del reatino, nel nord-est della regione Lazio, trasformati in lunghe scie di macerie e morte. Tra le località più colpite c’era Amatrice, borgo situato nel cuore dell’Appennino, ma la devastazione toccò altri borghi, come quello di Accumoli ed Arquata del Tronto, causando nel totale 299 vittime e danneggiando oltre 300mila edifici tra il Lazio, l’Umbria e le Marche, ferite mortalmente.

Un terremo che ha lasciato un segno indelebile nella storia del Paese e nel cuore di chiunque abbia seguito le notizie di quei giorni oscuri. Il sisma ha provocato la morte di centinaia di persone, distruggendo edifici, chiese e case che avevano resistito per secoli. Ma ciò che ha reso davvero indimenticabile il terremoto del 2016 nel centro Italia è stata la perdita di vite umane, la sofferenza e il trauma che ha inflitto a una comunità che ha lottato per sopravvivere e per ricostruire e le cui cicatrici sono intatte.

Il terremoto del 2016 a è stato uno dei più gravi disastri naturali che l’Italia abbia mai affrontato. Le prime notizie di quel tragico giorno arrivarono in modo scioccante, con immagini di edifici crollati, persone intrappolate tra le macerie e soccorritori che facevano il possibile per salvare vite umane. La devastazione era palpabile, ma anche la solidarietà e l’aiuto reciproco tra gli italiani e la comunità internazionale. Il sisma venne percepito a centinaia di chilometri di distanza, ed anche a Roma e nei Castelli Romani in molti si svegliarono, nel cuore della notte, percependo la scossa, senza immaginare che l’epicentro fosse a distanza.

In seguito al terremoto, Amatrice, Accumoli e gli altri centri sono diventati il simbolo della resilienza umana. Le immagini di volontari e soccorritori che lavoravano instancabilmente per cercare sopravvissuti e aiutare chi aveva perso tutto hanno toccato i cuori di milioni di persone in tutto il mondo. Questa tragedia ha dimostrato che, anche nelle situazioni più difficili, la solidarietà e la compassione possono prevalere. In attesa di una ricostruzione che tarda ad arrivare.

Dopo il terremoto i paesi colpiti si sono trovati di fronte a una sfida titanica: la ricostruzione. Amatrice ha dovuto affrontare la perdita delle sue infrastrutture storiche, ma soprattutto la perdita delle vite umane e delle famiglie distrutte. Tuttavia, la comunità ha dimostrato una straordinaria forza interiore e determinazione nel cercare di risollevarsi.

Ogni anno, il 24 agosto, le comunità coinvolte si riuniscono per commemorare le vittime del terremoto del 2016. E anche questa notte, nell’ora del sisma, le campane hanno rintoccato, ricordando le loro storie e i loro volti, immortalati in un memoriale permanente, affinché nessuno dimentichi mai il costo umano di questa tragedia.



7 anni dal terribile Terremoto di Amatrice – “Nessuno è vivo sotto le macerie”, disse Roberto Salustri (Reseda)

“Abbiamo lavorato giorno e notte cercando tra le macerie ma non abbiamo trovato nessuno che fosse ancora vivo”. Queste le drammatiche parole con cui Roberto Salustri, direttore dell’EcoIstituto Reseda, riassunse i suoi giorni ad Amatrice, dove si recò nel tentativo di riportare alla luce qualche superstite del terribile sisma che ha colpito il reatino la notte del 24 agosto 2016.

Partì con altri due colleghi dell’associazione Reseda Onlus, un gruppo di primo intervento con sede a Genzano, alla volta di Amatrice alle prime luci dell’alba dopo il terremoto, chiamati per supportare le squadre impegnate nella ricerca e recupero.

Siamo dotati di strumentazioni idonee nella rilevazione della presenza di corpi ancora in vita, ossia la termocamera e il rilevatore di gas, e abbiamo ispezionato i cunicoli creati dal crollo o qualsiasi anfratto in cui una persona potesse essersi riparata all’interno dei tre civici a noi assegnati – spiegò Salustri –, ma siamo riusciti ad estrarre solamente un cane che si trovava sotto ad un tavolo, che in qualche modo gli ha fatto da protezione”.

Lungo il corso principale del piccolo Comune laziale, Vittorio Umberto I, nessuno è stato estratto vivo dalle macerie. “Qui le case sono troppo vecchie, realizzate in pietra di arenaria, e sono venute giù senza lasciare scampo a chi non è riuscito a mettersi in salvo uscendo fuori dalle proprie abitazioni. Altrove le case erano più resistenti e qualcuno si è salvato, ma noi purtroppo non siamo riusciti a trovare nessuno che fosse scampato alla morte”. Un letto disfatto poteva indicare che probabilmente la persona che vi dormiva durante quella tragica notte non era stata uccisa nel sonno e che quindi era riuscita a scappare, di qui lo studio delle probabili uscite, della disposizione delle stanze per capire dove scavare, spesso con le mani o con l’aiuto di piccoli mezzi, sperando di arrivare a sentire ancora un alito di vita sotto le macerie. E invece nulla. Solo il silenzio della morte.

“Non abbiamo avuto molti rapporti con le persone sopravvissute, poiché siamo giunti quando già tutti si erano rifugiati altrove, tranne quelle volte in cui i parenti delle persone ricercate venivano fatte accedere sul posto, scortate dai vigili del fuoco, per riferire informazioni utili all’individuazione delle stanze e dei possibili percorsi di fuga”. Solo dopo tre giorni di incessante lavoro la squadra della Reseda Onlus fece ritorno a casa, lasciando la continuazione del lavoro nelle mani dei mezzi pesanti.

“Ormai non vi era più speranza di trovare qualcuno vivo”, disse con amarezza Roberto Salustri. Stanchi e spossati, nel corpo e nell’anima, dopo aver dormito tra una pausa e l’altra sui propri zaini, il gruppo genzanese lasciò, non senza difficoltà, il Comune di Amatrice.

 

6 anni dal terribile Terremoto di Amatrice – “Nessuno è vivo sotto le macerie”, disse Roberto Salustri (Reseda)

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