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Velletri, che vergogna! Nel 30° anniversario dal rapimento di Davide Cervia tutti si sono girati dall’altra parte, ancora una volta

cervia

Potremmo scrivere fiumi di parole, per evidenziare il nostro sdegno di fronte all’ennesimo sopruso perpetrato dalla città di Velletri nei confronti della famiglia Cervia. Della memoria di Davide, del suo onore, della sua tragica fine. Delle menzogne raccontate per inoculare all’opinione pubblica una verità che non trova traccia in nulla, se non nei beceri pettegolezzi di paese.

Solo un vocabolo, solo uno, ci viene in mente per sintetizzare l’ennesimo silenzio di fronte ad una storia che ha indignato milioni di italiani e che pure proprio li dove tutto è cominciato, a Velletri, continua a lasciare indifferenti autorità ed istituzioni: vergogna!

Vergogna! Vergogna! Vergogna!

cervia

Davide era un uomo tranquillo, viveva con la moglie Marisa e i figli piccoli Erika e Daniele a Velletri e lavorava per un’azienda di componenti elettronici. Una sera non torna a casa, è il 12 settembre del 1990, una data che la famiglia Cervia non potrà mai dimenticare. Scompare nel nulla. Una scappatella dicono gli inquirenti e le indagini sposano la tesi dell’allontanamento volontario sebbene un vicino avesse visto qualcuno prendere con la forza Davide e trascinarlo via, dichiarazione avvalorata anche da una seconda testimonianza, quella di un autista Co.Tra.l.

davide cervia

Ma del suo passato in Marina lui non l’ha raccontato a nessuno. Godeva del terzo livello di segretezza Nato e non poteva neanche dire ai suoi cari quale fosse la sua vera mansione.

Ed ecco che sulla scomparsa dell’uomo tranquillo si accumulano misteri, messaggi, ricatti, bugie. Funzionari dello Stato, altissime personalità, negano e mentono; le indagini si arenano. Lo Stato Maggiore della Marina fornirà ai familiari di Davide ben quattro fogli matricolari diversi, prima di arrivare a quello reale, in cui viene ammessa la qualifica di “specialista Ete/GE” (tecnico elettronico/guerra elettronica).

Il 5 aprile del 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona ad opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili.

cervia ministro trenta

Nel 2012 la famiglia ha presentato una causa civile contro i ministeri della Difesa e della Giustizia e di fronte alla possibilità che il caso potesse essere archiviato definitivamente i familiari si sono opposti con tutte le loro forze, rinunciando ad ogni tipo di risarcimento, oltre 1 euro simbolico, che verrà consegnato loro dal Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, con annesse scuse ufficiali, per una storia torbida e con tanti punti interrogativi. Nel 2018, infatti, il Tribunale Civile di Roma ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire i familiari di Davide Cervia, per “avere violato il loro diritto alla verità”.

Per i giudici del tribunale di Roma “le condotte del Ministero, provenienti in particolare da articolazioni della Marina Militare si appalesano lesive del diritto alla tempestiva, esatta e completa informazione di Davide Cervia, con riguardo al periodo in cui era arruolato nella Marina Militare Italiano, ai fini della ricerca delle ragioni della sua scomparsa”.

Per gli avvocati la decisione ha riconosciuto “dopo 28 anni di silenzi ed omissioni” che “Cervia era un esperto nella condotta e nella manutenzione di sofisticate apparecchiature per la guerra elettronica, con elevatissimo livello di formazione e preparazione specialistica, livello riservato ad un ristretto numero di militari. Dopo anni di insinuazioni ed accuse ridicole alla famiglia, la sentenza ha riconosciuto che quanto prospettato dall’Avvocatura dello Stato, e cioè un’attività di asserito ostacolo alle indagini da parte degli attori, è rimasto privo di ogni riscontro probatorio. Rimane il rimpianto che se le notizie occultate dalla Marina Militare fossero state tempestivamente comunicate, la vita di Cervia avrebbe potuto essere salvata.

“Abbiamo perseguito tutte le strade per far accertare questa verità che lo Stato non vuole trovare – ha dichiarato più volte Marisa Cervia – e noi come nemico principale abbiamo trovato lo Stato”.

Uno scandalo che ancora oggi grida “vendetta”, e che pure non ha trovato nessuno, nella città di Velletri, pronto a spendersi per un’iniziativa pubblica o anche solo un “misero” post commemorativo, su quei social dove evidentemente si preferisce qualche “like” facile, piuttosto che raccontare alla cittadinanza quanto avvenne, tenendo viva la memoria di una storia così oscura, nella speranza che non possa mai più accadere nulla di lontanamente simile.

Ma Velletri, ancora una volta, ha preferito girarsi dall’altra parte. Uccidendo ancora un uomo, che a Velletri aveva trovato la sua residenza e che, forse, ha avuto come unica colpa di non aver mai avuto alcuna tessera di partito in tasca. Fosse stato così, a quest’ora, almeno un messaggio di cordoglio e vicinanza la sua famiglia lo avrebbe forse ricevuto, invece del solito, assordante silenzio, che ci fa dire ancora, oggi più che mai: “VERGOGNA!”.

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